> Grammatica dubbiosa

Quando una virgola è facoltativa — parte 4

Quanto cambia una virgola: una panoramica sull’uso e sugli effetti di questo segno, quando non basta, quando è di troppo, quando manca, quando è facoltativa.

In molti casi, mettere o non mettere la virgola è semplicemente una questione di stile. C’è chi ama abbondare e chi è più parco. Lynne Truss, autrice di Eats, Shoots & Leaves: The Zero Tolerance Approach to Punctuation (2003), un vero bestseller sull’argomento, racconta del tormentato rapporto tra il vignettista e scrittore James Thurber e Harold Ross, fondatore e caporedattore del New Yorker, negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. Ross rimproverava continuamente a Thurber di lesinare sulle virgole: ne nascevano infinite discussioni, ma alla fine – essendo il capo – Ross si prendeva la libertà di aggiungere molte virgole in fase di revisione. Un giorno, qualcuno chiese a Thurber come mai avesse messo la virgola nella frase Dopo cena, gli uomini si trasferirono in salotto; lui rispose: «Quella virgola, per Ross, serviva a dare agli uomini il tempo di spingere indietro la sedia e alzarsi». Una spiegazione perfetta.

I complementi e le proposizioni subordinate – specie se preposti al verbo o alla proposizione principale – ci lasciano spesso liberi di usare o di omettere la virgola: Durante le vacanze si sentiva sola e Durante le vacanze, si sentiva sola sono entrambe perfettamente ammissibili, così come Tornando a casa incontrai degli amici e Tornando a casa, incontrai degli amici. Non sempre, però, le cose sono così semplici. Scrivere Abbiamo lavorato ieri o Abbiamo lavorato, ieri non è la stessa cosa: nel primo caso il focus è sul quando (abbiamo lavorato ieri, non avantieri), nel secondo è sull’azione compiuta (ieri non abbiamo riposato, ma lavorato).

Complichiamo le cose un altro po’.

Un tempo, tra i casi in cui la virgola era considerata obbligatoria c’era anche il vocativo. La ragione, in teoria, è abbastanza chiara: il vocativo serve a richiamare l’attenzione, a rivolgersi a qualcuno, e grammaticalmente è autonomo dagli altri componenti della frase, come appare evidente se si analizza una frase come Ragazzi, non facciamo sciocchezze, in cui ragazzi, essendo il verbo alla prima persona plurale, non può essere il soggetto della frase. Il vocativo, sintatticamente estraneo – così come le interiezioni e gli incisi – al resto della frase, dovrebbe perciò essere sempre preceduto (o seguito, a seconda dei casi) dalla virgola:

“Buongiorno, dottore.” “Ciao, Giovanni.”

Signori, stiamo calmi!

Dimmi, caro.

Ti conosco, mascherina!

Tuttavia, non solo negli scritti informali ma anche in letteratura, ormai, la virgola viene spesso omessa; a volte però sarebbe bene farci attenzione, perché una virgola può essere decisiva, e persino salvare vite umane! Osserviamo queste frasi:

Chiamami Antonio. / Chiamami, Antonio.

Andiamo a mangiare bambini. / Andiamo a mangiare, bambini.

Ascolta Giuseppe. / Ascolta, Giuseppe.

Con o senza non è proprio la stessa cosa, no?

Un altro caso interessante (potremmo definirlo persino un tema caldo!) è quello della virgola prima della congiunzione ‘e’. Quanti sono usciti dalla scuola convinti che far precedere da una virgola la ‘e’ davanti all’ultimo elemento di un’enumerazione sia peccato mortale? In realtà, come scrive Simone Fornara nella sua utilissima guida La punteggiatura (Carocci, 2010), si tratta di un’indicazione «illusoria e limitativa (…), che sovente si fossilizza». Per vedere tutto questo in pratica, faremo una serie di esempi secondo un climax ascendente: dai casi in cui la virgola è una scelta stilistica, passando per quelli in cui risulta utile, fino a quelli dove è addirittura indispensabile.

Iniziamo con Bice Mortara Garavelli, che stavolta citiamo direttamente riportando una frase del suo Prontuario di punteggiatura (pag. 17):

Di fronte alla seconda domanda è ragionevole tenere un atteggiamento possibilista, e cauto.

Cosa ci sta a fare quella virgola dopo possibilista? Niente di particolare: è una scelta di stile, tutto qui. Evidentemente, l’autrice ha ritenuto che fosse il caso di separare nettamente cauto da possibilista, e questo le è bastato per decidere di apporre quella virgola ‘proibita’: una pratica che vale più di mille spiegazioni teoriche. Ma vediamo qualche altro esempio (il primo da Flaiano, il secondo da Calvino):

Non sono mancate le solite voci di un’epidemia, e la gente fa di tutto per non annoiarsi.

Il sole era tra le foglie, e noi per vedere Cosimo dovevamo farci schermo con la mano.

In entrambi i casi, la coordinata introdotta da ‘e’ ha un soggetto diverso dalla principale, e questo – per gli scrittori come per i grammatici – giustifica pienamente l’uso della virgola.

Ma veniamo ad esempi di uso difettoso, in cui la virgola sarebbe stata non solo lecita e utile, ma raccomandabilissima.

La battaglia infuria: le truppe del Sole però sono costrette a ritirarsi e a subire la disfatta pesantissima e la vittoria dei baldanzosi Lunari, gli abitanti della Luna, è schiacciante.

Ogni anno, ha spiegato Fischer, molte società provano ad associarsi ad Ocearch, per beneficiare in qualche modo dell’attrattiva che hanno gli squali bianchi per il pubblico e trovare i gruppi e le aziende giuste con cui collaborare richiede tempo e cautela.

Si tratta di due tra i tanti casi in cui la paura di mettere la virgola prima di ‘e’ ha generato testi dalla sintassi ambigua, che disorientano il lettore. Nel primo, una virgola dopo pesantissima avrebbe chiarito che la vittoria dei baldanzosi Lunari non dipendeva da subire, essendo invece il soggetto di è schiacciante. Nel secondo, e trovare i gruppi e le aziende giuste sembra coordinarsi con per beneficiare in qualche modo dell’attrattiva, salvo poi generare smarrimento allorché chi legge si accorge che dipende invece dal successivo richiede. Anche qui, una virgola dopo pubblico sarebbe stata sacrosanta.

Infine, a volte la virgola è del tutto obbligatoria, pena il travisamento del messaggio. Traggo questo esempio ancora dal libro di Leonardo Luccone:

L’allenamento era intensivo: i giorni dispari braccia e pettorali, i giorni pari gambe, e almeno dieci chilometri di cyclette.

Senza la virgola dopo ‘gambe’, la cyclette andrebbe fatta solo nei giorni pari, ma se s’intende che vada fatta tutti i giorni quella virgola è indispensabile per veicolare il messaggio giusto.

Persino nelle enumerazioni, a volte, la virgola davanti ad ‘e’ è non solo utile ma necessaria:

Seguiva una dieta rigidissima: mangiava solo carni bianche, pesce magro, verdura, pasta, e fagioli.

Se non si mettesse la virgola dopo pasta, qui, si creerebbe un’unione tra pasta e fagioli, facendo pensare a una pietanza particolare; ma se non intendo parlare della ‘pasta e fagioli’ bensì elencare separatamente i due, che sono consumati anche autonomamente, allora quella virgola serve eccome. Peraltro, va segnalato che in inglese, specie negli Stati Uniti, si sta generalizzando l’uso indiscriminato della cosiddetta virgola di Oxford (quella prima dell’ultimo elemento di una serie introdotto dalla congiunzione and), apposta oramai in tutti i casi e non solo quando si rischi l’equivoco. Il ragionamento alla base di questa scelta è che, mentre la virgola serve a separare, la congiunzione serve ad unire; perciò, ogniqualvolta gli ultimi due elementi di un’enumerazione non siano effettivamente una coppia, vanno separati con la virgola. Una visione assai differente da quella che ispira la punteggiatura italiana.

Non pretendiamo certo, in un semplice articolo, di aver dato conto della complessità di un segno all’apparenza trascurabile, che fin dal nome (dal latino virgula, ‘piccola verga’), per non parlare dell’uso figurato (non cambia di una virgola), pare destinato all’irrilevanza. Speriamo di essere riusciti a dimostrare che una virgola, invece, può cambiare moltissimo. Per l’architettura di una frase, l’eleganza di un’enumerazione, la precisione di un messaggio, essa è non solo importante, ma essenziale. Sia il diavolo che Dio, in fondo, si nascondono nei dettagli.

Commenti