Olocausto

o-lo-càu-sto

Significato Sacrificio durante il quale l’animale veniva arso sull’altare; per estensione offerta totale (alla divinità), anche di se stessi

Etimologia dal greco: olos tutto kaustos bruciato.

Il sacrificio dell’olocausto prevedeva che la vittima venisse completamente consumata dal fuoco sacro. Così, oggi, questo termine arcaico e lontano dalla nostra realtà viene usato per evocare o rievocare scenari potentemente legati a questa immagine: un olocausto nazista che consumava nei forni crematori milioni di persone, un olocausto nucleare che incenerisca panorami di vita con un fuoco superiore, corrotto e malato. Ma si può parlare di sacrificio?

Ciò che viene tributato sull’altare dell’umana follia è esecrabile, non porta in sé nessun germe santo: non è una liturgia religiosa, è devastazione, è assassinio. Si può dire che olocausto non è la parola migliore per indicare certi abomini - e purtroppo i sinonimi non mancano. Ad esempio, per l’olocausto nazista, Shoah. “Desolazione”.

Può forse sopravvivere in qualche bella espressione il significato estensivo: penso all’olocausto di un gruppo di volontari che decidano di profondere la propria vita a fare il bene a Calcutta, penso all’olocausto dei valorosi magistrati delle direzioni distrettuali antimafia - sacrifici di valore immenso, insomma, che esigono di totalizzare vite intere ma che al contempo elevano ad altezze celesti l’essere umano, tutti gli esseri umani. Quasi col movimento immenso della montagna nascente, che inarca e solleva la sua schiena di roccia e la sua sublime vetta dalla pianura brulla e barbara, torreggiando, poi, nei millenni.

Parola pubblicata il 27 Gennaio 2011