Assestare

as-se-stà-re (io as-sè-sto)

Significato Regolare con cura, mettere in ordine, colpire nel punto voluto con abilità

Etimologia derivato di sesta, cioè ‘compasso’, col prefisso a-.

  • «Mi sono assestato adesso in poltrona, mi alzerei solo se stesse andando a fuoco.»

Ci troviamo davanti a una parola che si usa sia per descrivere il portare un bel colpo deciso, sia per il mettere a posto con cura, sia per il raggiungere una assetto stabile, e che con tutta evidenza ha dentro un misterioso ‘sesto’, il quale è letteralmente, come vedremo, una sesta parte. Se ci aggiungiamo che per fare il percorso di etimo e significati avremo bisogno di un compasso, il labirinto è completo.

Bariamo e partiamo dalla fine. ‘Assestare’ ha come nucleo di significato quello di ‘ordinare’. Posso assestare i libri ammucchiati sullo scaffale, posso assestare (o tentare di assestare) un vagone di roba nel bagagliaio, assesto la montatura del telescopio, prima dell’inizio del film mi assesto bene sul divano, mi assesto la cravatta o il cappello, si assestano i prezzi di un bene che sono fluttuati, si assestano le fondazioni dell’edificio. Una progressione del tutto lineare. Anche quando l’assestare acquista un certo impeto, come nell’assestare una batosta o un calcio, è un impeto che si muove con precisione e abilità, che giunge pesante nel punto voluto.

Questa progressione nasce da un’immagine di regolazione, di disposizione, di misura nientemeno che geometrica. Infatti l’assestare si costruisce sulla sesta, un termine desueto per ‘compasso’, che però ha dei grandi trascorsi, essendo uno strumento cardinale per le arti in cui l’Italia ha grande rinomanza. Per fare un esempio che ha un’aura proverbiale, Michelangelo parlava di come l’artista dovesse “avere le seste negli occhi”, ed essere quindi capace di fare misurazioni solo guardando, e lasciando le mani ad altra opera.

La sesta ebbe questo nome per un particolare nesso geometrico che c’è fra il numero sei e il compasso — più semplice e intuitivo di quel che può sembrare. Se apriamo il compasso e tracciamo una circonferenza, l’apertura del compasso corrisponde ovviamente al raggio. Disegnando un esagono regolare inscritto nella circonferenza (i cui vertici cioè appartengono alla circonferenza), ci accorgiamo che i suoi sei lati hanno tutti una lunghezza giusto uguale al raggio della circonferenza, e cioè all’apertura del nostro compasso (l’esagono si può scomporre in sei triangoli equilateri). Questo implica che l’apertura del compasso, posta sulla circonferenza che ha disegnato, ci isola un arco che è la sesta parte, un sesto della lunghezza della circonferenza.

Così il sesto diventa la curvatura di un arco (pensiamo agli archi a tutto sesto, che sono a sezione semicircolare), ma anche la giusta disposizione e l’ordine, riprendendo la sesta (pensiamo a quando con una buona dormita ci rimettiamo in sesto).

Dalla sesta parte del cerchio colta con l’apertura del compasso, al compasso, alla misurazione col compasso, alla misurazione e regolazione attenta, alla disposizione calcolata e ordinata — perfino di un pugno. I labirinti sono deliziosi, ed è una fortuna, perché ci viviamo dentro.

Parola pubblicata il 02 Settembre 2022