Bavaglio
ba-và-glio
Significato Fazzoletto che si allaccia al collo dei bambini per assorbire la saliva o riparare i vestiti; pezzo di stoffa applicato alla bocca per impedire di parlare o gridare
Etimologia da bava, col suffisso -aglio proprio degli strumenti.
- «Ora ci mettiamo il bavaglio coi fenicotteri.»
- «Hanno provato a mettermi il bavaglio, ma io dico solo la verità.»
Parola pubblicata il 12 Gennaio 2023
Giù le carte: com’è che mettiamo il bavaglio al pupetto di quattro mesi e tuoniamo contro i rischi di una legge-bavaglio? Con tutta evidenza non stiamo parlando dello stesso bavaglio. O invece sì?
In effetti questa pezzuola ha una doppia natura.
Una di strumento per l’infanzia, quando i sorrisi sdentati si accompagnano a interminabili colate di saliva che in qualche maniera richiedono un argine, qualcosa che sia in grado si assorbirle senza che la creatura si ritrovi zuppa (e magari nemmeno chi la regge) — e che tenta (invano) anche di riparare i vestitini dai rigurgiti e poi dal cibo durante i pasti.
Una di strumento per zittire, che legato stretto alla bocca rintoppa la voce sulle labbra e sulla lingua, a seconda di come si calza, classicamente buono per rapimenti e rapine, e con una forte dimensione figurata. Hanno funzioni e minacciosità ben diverse.
Ma la cosa curiosa è che l’italiano da sempre sembra non fare differenza. Questi due usi non sono solo attestati a partire dal medesimo periodo, ma addirittura le prime attestazioni in ambo i casi sembrano essere della stessa persona, fra Giordano da Pisa, un beato domenicano vissuto fra Due e Trecento. Anche se, va detto, il vero successo del bavaglio-silenziatore è solo tardo-ottocentesco, mentre il bavaglio quale pectorale salivarium sembra sia stato usato con più continuità.
Forse questa coesistenza è stata possibile grazie alla distanza fra i due usi — difficile pensare a contesti più naturalmente separati, da una parte il focolare presso cui piccole creature sbavano sonnolente e allegre, dall’altra un conflitto fisico in cui una persona viene costretta al silenzio con violenza, con un rudimentale ma efficace tappo della bocca, oppure messa a tacere (per via di posizioni variamente scomode) con pressioni politiche, accademiche, di polizia, o con strumenti normativi. Non ci sono occasioni di confusione, di imbarazzo, nemmeno di gioco di parole.
Però possiamo individuare la progressione logica fra i due significati: nasce prima il bavaglio infantile, per il semplice riferimento alla bava su cui impernia la sua funzione. Lo stesso termine ‘bava’ è un infantilismo, dal suono baba: c’è dentro il balbettìo di chi ancora nemmeno lalla, e caso vuole che un simile lavorìo della bocca abbia anche una… manifestazione salivare.
Così la lingua ha capitalizzato il profilo di una pezzuola prossima alla bocca per non-parlanti, che è stato poi facile reinvestire nel fazzoletto legato strettamente o applicato alla bocca per ridurre al silenzio di parole e di grida.
Non che siano riflessioni che rivoluzionano il nostro modo di parlare di bavagli da regalare o passare a coppie amiche che proliferano, né il nostro modo di raccontare chi ha cercato di mettere il bavaglio a chi altro — figuratamente e no — ma ecco: le parole tante volte ci arrivano così, con biforcazioni che ci paiono naturali, scontate e indegne di un pensiero, come biforcazioni di strade che facciamo ogni giorno. Ma è comprendendo queste biforcazioni che si comprende il paesaggio della lingua — e qui ci esercitiamo anche a farci sempre una domanda in più.