Editore

La strana coppia Str.Cop. Inglese

e-di-tó-re

Significato Imprenditore o società che pubblica libri, periodici, giornali, musica e simili

Etimologia voce dotta recuperata dal latino editor, derivato da editus, participio passato di edere, derivato di dare col prefisso ex- ‘fuori’ — letteralmente ‘far uscire, emettere’.

Adlai Stevenson, due volte candidato presidente degli Stati Uniti e due volte perdente (contro Eisenhower), noto soprattutto in quanto rappresentante statunitense all’ONU durante la crisi dei missili di Cuba (1962), fu un grande oratore. In rete si trovano diverse sue frasi celebri, tra cui questa: «Un editore è uno che separa il grano dalla pula e poi stampa la pula». Più che da politico, pare una frase da aspirante scrittore frustrato dai reiterati rifiuti di pubblicazione, e infatti l’originale inglese chiarisce l’equivoco: newspaper editor, cioè direttore di giornale, non editore.

Inciampare nei falsi amici è sempre segno di sciatteria, ma il caso di editore è davvero intricato. Il latino editor deriva da editus, participio passato di edere, formato da dare col prefisso ex- ‘fuori’, quindi appunto far uscire, emettere, dare alla luce. In campo librario, edere era il verbo che indicava la pubblicazione di un testo (insieme a publicare, emittere, divulgare e altri). Il sostantivo editor, però, denotava i produttori, gli organizzatori di giochi e spettacoli, mentre gli editori erano detti genericamente (il termine designava anche i semplici librai, nonché gli amanuensi) librarii. In ogni caso, si tratta chiaramente di un ruolo di mediazione tra autore e pubblico: l’opera non esiste davvero finché non è edita, ‘data fuori’.

Nell’antica Roma, capitava talvolta che un autore facesse tutto da sé, ma normalmente ci si rivolgeva all’editore, il quale disponeva, oltre che di copisti, anche di lettori-correttori (anagnostae) e, per i classici, di studiosi addetti all’edizione critica dell’opera. Come si vede, a parte la stampa gli ingredienti dell’editoria moderna c’erano già tutti: gli editori – ossia imprenditori che investono denaro nella pubblicazione – e i curatori, competenti addetti a garantire la qualità del testo pubblicato. Per quanto diverse, queste due figure hanno entrambe il compito di edere, rendere concretamente accessibile il frutto dell’ingegno altrui. Ecco perché, sin dal Seicento, tanto l’italiano editore quanto l’inglese editor e il francese éditeur hanno avuto il doppio significato di ‘studioso che cura l’edizione di un’opera d’altri’ e ‘imprenditore che pubblica un libro’.

Ben presto, però, l’inglese distinse nettamente la funzione imprenditoriale da quella editoriale: publisher, ‘colui che pubblica’, è l’editore, mentre editor – oltre che equivalere, in campo giornalistico, al nostro direttore o al caporedattore – è chi cura i testi. Quest’ultima figura, che oggi interviene spesso in modo assai deciso (a livello contenutistico oltre che formale), in italiano si chiama redattore (o curatore) editoriale – ma, neanche a dirlo, prevale l’anglicismo editor. Quale che sia il mediatore, comunque, il suo rapporto con l’autore pare essere da sempre travagliato. Ecco, ad esempio, cosa si legge alla voce ‘editore’ del dizionario Tommaseo-Bellini: «(…) c’è degli editori che farebbero sospettare originato il vocabolo non da edo ‘do’, ma da edo ‘io mangio’. Quel profeta mangiava libri, questi mangiano gli autori de’ libri».

È un mestiere fatalmente complesso, quello dell’editore, come qualunque attività di mediazione. Tanto più oggigiorno, nell’era di Internet, dove ogni monade dietro lo schermo pare potersi connettere con un’infinità di fruitori direttamente, senza che nessuno editi il suo messaggio. Ma è davvero così, quando le ‘reti sociali’ sono di proprietà di imprenditori privati? E questi ultimi non andrebbero considerati, come qualunque editore, moralmente e legalmente responsabili di ciò che si pubblica sulle loro piattaforme, specie quando si tratti di pula non solo indigesta ma socialmente tossica? Il dibattito è apertissimo.

Parola pubblicata il 30 Marzo 2021

La strana coppia - con Salvatore Congiu

Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.