Galleria

gal-le-rì-a

Significato Passaggio scavato attraverso una montagna; passaggio sotterraneo; passaggio coperto; ambiente in cui vengono esposte opere d’arte; collezione; nei teatri, loggione, balcone che sovrasta la platea; loggiato

Etimologia dal francese galerie, forse dal latino medievale galilaea ‘portico, atrio di una chiesa’, dal nome della Galilea, regione della Palestina.

Che cos’è una galleria? Può sembrare una domanda sciocca, è un termine che tutti sanno usare, la convenzione è chiara e non presenta difficoltà né raffinatezze particolari. O no?

Il fatto è che ‘galleria’ è una parola che emerge in maniera misteriosa e dibattuta. Gli italiani affermano di mutuarla dal francese, i francesi dall’italiano, e nessuna delle due ipotesi regge completamente dal punto di vista della cronologia delle attestazioni. Anche perché i significati di questo termine non sono un bel monolito saldo e univoco: i significati di cunicolo, di loggia, di ambiente d’esposizione di opere d’arte si rincorrono in un testa a testa d’antichità che non rende facile capire che cosa deriva da cos’altro.

Sembra abbastanza pacifico che inizialmente descriva il portico che hanno alcune chiese davanti all’ingresso. Se qualcuno si stesse domandando perché questa struttura architettonica si è potuta chiamare galerie o simili, non speri di avere una risposta certa: si avanza una derivazione di latino medievale da Galilea, regione della Palestina che ricorre nelle Sacre Scritture (per chi gradisce un riferimento in più, affaccia sul Lago di Tiberiade, e oggi è divisa fra Israele e Cisgiordania, non troppo lontana dal Libano). Chi si sbilancia a spiegare che c’entra la Galilea con la struttura con la chiesa deve dar prova di una certa fantasia — e c’è chi alza il sopracciglio, perché a questo nesso si può opporre un pensiero, se non alto, almeno limpido: che diamine c’entra tutto questo con la nostra galleria? Arrendiamoci e cerchiamo di cogliere quale sia il nocciolo del concetto.

Ci possiamo allargare da questo punto: la galleria è il passaggio coperto. Questo è chiaro quando si parla delle gallerie sotto le montagne lungo cui sfrecciamo in treno o in auto, di quelle sotterranee scavate dai conigli (il cunicolo viene dal loro nome), di quelle militari per minare, di quelle commerciali ariose ed elegantissime, di quelle interne, che sono praticamente corridoi. Anche quando la galleria si trova a teatro, sopra la platea, in alto, affacciata sul vuoto, è comunque coperta… dalla vicinanza col soffitto: ad essere coperti non sono certo quelli in platea, sulla cui testa vaneggia l’aria del grande teatro.

Quando diventa uno spazio espositivo per opere d’arte, non cambia molto: anzi forse il luogo di passaggio spoglio viene in origine arricchito così. Le opere sono esposte al coperto in una struttura che invita il passaggio da una meraviglia all’altra: così la galleria implica e racconta anche una modalità di fruizione delle opere d’arte. Pensiamo a come ci muoviamo quando visitiamo una galleria o per esempio una cappella (ma forse anche una mostra, che è più concentrata nello spazio e nel tempo). Non stupisce quindi che la galleria diventi anche la collezione esposta in sequenza, anzi la sequenza stessa di quadri, di busti, di biografie, diciamolo in generale: di casi. Lasciamo stare la galleria degli orrori, pensiamo alla galleria di personalità illustri, al libro che è una galleria di stupidaggini, alla galleria di ricordi a cui ci riporta il viaggio — ma anche all’articolo che leggiamo online, svolto in una galleria di immagini.

In questa parola sta un luogo ricorrente delle nostre città, dei nostri palazzi e dei nostri modi di pensare. E testimonia come un concetto gagliardo in una parola vitale, per quanto di origine poco chiara, possa svilupparsi con una fantasia sferrata, attirando in sé dalle altezze culturali e ingegneristiche costruite con la pietra fino all’ultima novità sulla pagina del sito.

Parola pubblicata il 04 Dicembre 2019