Hertz

Le parole della musica

hèrz

Significato Unità di misura della frequenza, corrispondente a un’oscillazione o ciclo per secondo, abbreviata con la sigla Hz

Etimologia dal nome del fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz.

  • «Il diapason per accordare l’orchestra è stato convenzionalmente fissato a 440 Hz.»

Ci sono parole che fanno capolino in maniera ricorrente nei posti più disparati: quando installiamo il nuovo wi-fi, quando seguiamo un documentario sulle balene, quando assistiamo alle prove del concerto. Specie se non hanno l’aria molto rassicurante, è bene guardarle da vicino. Quello di oggi è un altro caso di parola derivata da un antroponimo, da un nome di persona, e segna una questione musicale piuttosto spinosa.

Heinrich Rudolf Hertz era un fisico tedesco. Coltissimo e geniale, morì a soli trentasei anni, prima di poter vedere le innumerevoli innovazioni generate dai risultati delle sue ricerche. Nel dicembre del 1887 riuscì a dimostrare sperimentalmente ciò che era stato teorizzato da James Clerk Maxwell: l’elettricità si propaga attraverso onde a velocità finita, una verifica che ottenne costruendo un oscillatore capace di generare onde elettromagnetiche. Proprio in onore di Hertz, fu dato il suo nome all’unità di misura della frequenza (Hz).

Non solo la frequenza delle onde radio si misura in hertz; anche reti wireless, processori, schermi e memorie dei dispositivi elettronici parlano questo linguaggio. E anche il mondo dei suoni è legato indissolubilmente alla stessa unità di misura. L’altezza di ogni suono è definita infatti dalla sua frequenza (cicli al secondo). Le onde sonore si propagano solo in un mezzo capace di vibrare, come l’aria, l’acqua o un metallo; nel vuoto, no.

Le frequenze udibili da un orecchio umano medio spaziano convenzionalmente da 20 Hz (in realtà il limite inferiore è 16) a 20.000 Hz. Sopra questa soglia si chiamano ultrasuoni; sotto, infrasuoni. I valori diversi dipendono sia da fattori soggettivi (come la sensibilità uditiva individuale), che oggettivi (la temperatura del mezzo o la sua composizione fisica).

In musica, dunque, a ciascuna frequenza corrisponde un’altezza sonora. Per poter suonare insieme, strumenti e voci hanno bisogno di condividere un riferimento comune: il diapason. Oggi la convenzione prescelta fa riferimento al La3 = 440 Hz, ma è una soluzione relativamente recente. Fino all’Ottocento, infatti, nei vari ambienti musicali convivevano accordature diverse tra loro. Luigi Ferdinando Tagliavini riferiva che nel XIX secolo, ad esempio, il La del Teatro S. Carlo di Napoli era intonato a 452 Hz, mentre nel Nord Italia si adottava un La a 430. Se si retrocede nel tempo le differenze diventano ancora più vistose. L’organo costruito nel 1598 da Luca Blasi per la basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma era accordato una terza minore sotto quello che l’anno successivo realizzò Baldassarre Malamini per S. Petronio a Bologna… si potrebbe continuare a lungo.

Col passare del tempo e con lo sviluppo della musica orchestrale si avvertì sempre più la necessità di stabilire un riferimento oggettivo delle altezze. Inoltre, per esigenze filologiche, si produssero diapason calibrati su frequenze variabili a seconda del repertorio. Ad esempio, oggi è comune accordare gli strumenti dedicati alla musica barocca su un La = 415 Hz, corrispondente a un suono più basso di quasi un semitono rispetto a quello dei 440 Hz del repertorio sinfonico moderno.

Il prezzo da pagare per questa omologazione è stato talvolta alto. Molti organi furono rimossi o modificati per modernizzarli. Successe anche a quelli presenti nei teatri dell’Ottocento, intonati su frequenze non più compatibili con l’orchestra novecentesca, come avvenne allo storico organo Serassi. Costruito nel 1861 per il Teatro alla Scala di Milano, fu impietosamente dismesso. In occasione della rappresentazione dell’Otello, Verdi lo aveva invece utilizzato con sapienza, prescrivendo accuratamente il «registro dei Contrabassi e Timpani» – scomparso dagli organi moderni. Doveva contribuire all’effetto della tempesta marina che apre il primo atto. Dal momento che non esistono più né organi con registri analoghi e nemmeno l’orchestra scaligera dell’epoca, che necessariamente doveva essere accordata allo stesso diapason dello strumento, purtroppo non possiamo più ascoltare l’opera come Verdi l’aveva immaginata.

Pochi strumenti convenzionali riescono a suonare note ai limiti estremi del campo uditivo. Proprio l’organo può raggiungere il Do a 16 Hz, che richiede una canna di 32 piedi di lunghezza. Scendendo oltre questa frequenza non si ascolta più musica, ma trema letteralmente la terra sotto i piedi.

Parola pubblicata il 03 Agosto 2025

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale