Prosopopea

pro-so-po-pè-a

Significato Figura retorica che consiste nel far parlare persone defunte o assenti, o animali o oggetti inanimati o astratti; solennità boriosa, enfatica

Etimologia dal greco: prosopopoiéo personificare, composto da prósopon faccia, persona e poieo fare.

Si tratta di una figura retorica molto interessante: nella finzione letteraria si dà voce a entità che non hanno voce, spaziando da umani che essendo morti o assenti non possono parlare fino ad arrivare alla personificazione di animali, oggetti (come ad esempio statue) o perfino idee. Ad esempio è celebre la prosopopea di Socrate nel Critone di Platone, in cui il filosofo, davanti alla condanna a morte, rifiuta la fuga da Atene preparata dai suoi accoliti immaginando che cosa potrebbe dire alle Leggi della città se le incontrasse nel momento in cui sta fuggendo dalla loro volontà. Ma gli esempi sono innumerevoli.

Come figura retorica, si capisce, si presta però bene a toni eccessivamente solenni e affettati: il personificare può facilmente rivelarsi un’azione gonfia, pesante, sussiegosa - e alla fin dei conti, ridicola. Così è invalso un uso nuovo di questa parola, il significato con cui più probabilmente oggi la incontriamo: un’aria di presunzione eccessivamente retorica. Possiamo quindi dire che il tal professore parla con gran prosopopea; nell’affrontare un argomento potremmo volerci allontanare dalle consuete prosopopee; oppure potremmo censurare la prosopopea di una risposta che aggira il nocciolo della domanda.

È purtroppo una parola che viene spesso usata come jolly per innalzare il registro del discorso, senza che sia particolarmente attinente o necessaria; in tal caso ci si trova di fronte alla prosopopea della prosopopea. Piuttosto noiosa.

Parola pubblicata il 05 Maggio 2013