Scerpare

scer-pà-re (io scèr-po)

Significato Svellere, strappare; squassare, schiantare

Etimologia dal latino excèrpere ‘estrarre’, che è derivato di càrpere ‘afferrare’ con prefisso ex- che indica separazione; forse sovrapposto a strappare.

  • «Ha fatto retromarcia e mi ha scerpato i gigli.»

Tante parole fanno parte di un bacino a cui ricorriamo (se sappiamo farlo) in occasioni speciali. Non sono semplicemente parole dotte, parole elevate, che comunque tornano utili anche nella vita quotidiana: sono quelle che spesso si definiscono come letterarie, e cioè proprie di un ambito d'uso di frontiera, dove si tenta di raggiungere uno scopo comunicativo con caratteri superiori, dove l'esperimento e il ricercato prova — fra entusiasmo e disperazione — ad arrivare al nuovo e all'autentico.

‘Scerpare’ è una parola così, e ciò che descrive non è alto, apollineo, e nemmeno ha natali etimologici di particolare levatura (anzi pare sia un incrocio). Ma ha vissuto nella nostra lingua come se fosse tagliata per l'altezza di concetto — una parola da poesia. Forse è per la sua particolare, esagerata forza espressiva, ma certo la sua rarità ne ha conservato la forza in maniera concentrata.

Significa 'strappare'. L'excerpere latino è un estrarre, non esplica una speciale violenza anche se è una separazione netta — e nell'italiano antico continuava con lo scèrpere. Ma secondo fonti recenti e accreditate, nel medioevo, con una ricerca di forza che pare bramosa, si sovrappone con l'a noi più consueto strappare, e diventa uno scerpare.
Da notare l'effetto: puoi non aver mai percepito prima il verbo scerpare, ma se ti parlo del tasso che mi ha scerpato gli iris, non hai mezza incertezza sul significato. È un effetto comune, quando una parola evolve seguendo la voluttà dell'orecchio senza troppe premure filologiche. E questo conserva accessibile lo scerpare, nonostante gli usi olimpici. Un esempio famoso?

Secondo girone del settimo cerchio, canto XIII. Dante si trova in una selva strana, dall’atmosfera innaturale e ominosa. Per chiarire dove sono e che vi succede, Virgilio (che in questo frangente si mostra particolarmente saccente — ma spesso si è saccenti per smorzare un disagio) gli dice di provare a troncare qualche rametto da una di quelle piante: tanto se gli raccontasse la situazione a parole sarebbe incredibile. Dante coglie, e dal rametto rotto inizia a sanguinare una voce: «Perché mi scerpi? / non hai tu spirto di pietade alcuno? / Uomini fummo, e or siam fatti sterpi [...]» È la selva dei suicidi, tramutati in pruni.

Lo scerpare è proprio uno svellere, uno strappare, un estirpare, che può acquisire caratteri diversi. Può avere un tratto scoperto di mutilazione, di rapina — che lacera, squassa, distrugge (ma senza la dimensione dello scontro). Può avere un tratto di scelta e pulizia.
La benna dell’escavatore scerpa il muretto per errore, e scerpiamo le erbacce dal giardino; una novità scerpa una speranza o una paura; una passione scerpa la regolarità della vita, scerpiamo le foto peggiori dalla raccolta (ma potremmo anche scerpare le migliori per farne un’altra).

È una parola difficile di un gran bel genere: quello delle parole difficili da usare, perché richiedono la situazione e la competenza giusta, ma facili da capire.

Parola pubblicata il 17 Febbraio 2024