Zattera

zàt-te-ra

Significato Imbarcazione piatta e rettangolare, usata per il trasporto marino, fluviale o di salvataggio; imbarcazione di fortuna o primitiva, formata da un assemblaggio di tronchi o frasche

Etimologia etimo incerto, forse da una forma precedente zatta, di plausibile origine germanica.

Quando incontriamo il termine ‘zattera’, ci sovviene il profilo di un’imbarcazione primitiva o di fortuna — di certo non una barca evoluta e sicura. Forse anche il suono della parola contribuisce a questo senso di pericolo: ‘zattera’ ha un suono duro, fa pensare al rumore delle assi di legno che sbattono sulla superficie dell’acqua; la ‘z’ iniziale dà un accento negligente, come se, scivolando tra i denti, desse l’impressione della precarietà del mezzo — precarietà marcata anche dalla vertigine di un precipitoso accento sdrucciolo (zàttera).

L’etimologia è incerta: prima di ‘zattera’ è attestata la variante zatta, che alcuni studiosi hanno ipotizzato sia di ascendenza longobarda: avrebbe la rudimentale matrice di trasporto fluviale del legname (legni tenuti insieme non per farne un’imbarcazione, ma per essere trasferiti a valle). Addirittura potrebbe essere parente della zazzera, cioè del cespo di capelli — la zattera, dopotutto, è un ciuffo di legni legati.

Nella sua umiltà, ha salvato vite a naufraghi persi per i sette mari (un punto importante su cui torneremo), ha scarrozzato qua e là sul Mississippi Huckleberry Finn e il suo amico Jim, ha portato a riva, su isolotti tropicali da cartolina, ciurmaglie di pirati allo sbaraglio che avevano perso la rotta per raggiungere il tesoro nascosto…


Però la zattera può anche essere un luogo non di salvezza e libertà, ma di dannazione e confinamento — pensiamo alla famigerata ‘zattera della Medusa’, soggetto di uno dei quadri più spettacolari del romanticismo francese (ad opera di Théodore Géricault): un luogo su cui si consumò una tragedia senza pari e avvennero i fatti più atroci e indicibili.

Fuori da contesti storici, letterari, cinematografici, pirateschi, nei nostri discorsi la zattera non ha uno spazio molto ampio — però ci fornisce un tassello d’immaginazione molto preciso.
Possiamo parlarne concretamente se raccontiamo il nostro avventuroso viaggio lungo le rive del Mekong su zattere che galleggiavano a stento, o la traversata del canale senza ponti su una zattera abbandonata, così come dei naufragi drammatici di zattere gonfiabili che scuotono i battenti delle porte di casa nostra.
Invece nel linguaggio figurato è metro iperbolico per indicare la bagnarola, l’imbarcazione non di prim’ordine: vedendo la barchetta che ho noleggiato mi dirai che non salirai mai a bordo di una zattera del genere. E però la zattera è anche speranza, anche fortunosa salvezza: il nuovo progetto politico si fa zattera per chi fuoriesce da altri partiti, e una passione artistica può essere la zattera a cui ci si aggrappa nella burrasca.

Una parola modesta, che come tutte le parole modeste ha sorti complesse, in cui s’intrecciano operosità quotidiane ed elementi narrativi.

Parola pubblicata il 26 Dicembre 2021