Etimologia voce dotta recuperata dal latino ambages ‘tortuosità’, derivato di una variante di agere ‘condurre’, col prefisso amb- ‘intorno’.
Che parola elegante, per significare le tortuosità. Elegante e morbida. Di solito per sfaccettare questo concetto usiamo parole più ruvide, più spregiative — dal viluppo all’intrico, dal groviglio al groppo al garbuglio. Senza contare il labirinto. Subito immagini asfissianti, disorientanti, inestricabili. L’ambage invece, pur essendo proprio il giro tortuoso e il viluppo, ha una morbidezza errante davvero unica.
In realtà si parla perlopiù di ambagi, al plurale, e in una dimensione figurata; questa non è una novità, dato che il termine viene preso in prestito dal latino ambages, che è già un plurale col significato di ‘tortuosità’. E già in latino prende i significati metaforici con cui usiamo oggi più probabilmente le ambagi, cioè il discorso contorto, involuto, oscuro, ambiguo e confuso. Però il modo in cui lo significa è bellamente limpido: è un derivato di una variante di agere, ‘condurre’, col prefisso amb-, che significa ‘intorno’. Quindi le ambages sono tortuosità che menano nei dintorni, senza le chiarezze inequivoche dei percorsi che arrivano a un punto.
Così perdiamo il filo delle ambagi di chi sta parlando dal podio cercando di darsi un tono, ci perdiamo nelle ambagi del manuale d’istruzioni fatto male, notiamo come certe ambagi siano un tentativo di avvicinarsi a delle scuse.
Però questa parola oggi vive soprattutto in negativo, quando contempliamo il ‘senza ambagi’. Questo ha senso precisamente per il carattere che notavamo: quando vogliamo marcare certe tortuosità ci piace usare parole incisive, e che magari portino un po’ di mostarda nel discorso. Invece se vogliamo dire che queste tortuosità non ci sono, un termine più morbido torna buono — non le evoca quasi.
Se dico che ho apprezzato la spiegazione senza tortuosità dell’argomento difficile, ho richiamato un certo viluppo ostico e impervio al fine di negarlo; se invece dico che ho apprezzato la spiegazione senza ambagi dell’argomento difficile, eccola lì, semplicemente spedita e diretta, perfino leggiadra. Se dico che ho ricevuto una risposta senza ambiguità, ecco la malizia della mia guardia che si attendeva, o fingeva di attendere, delle ambiguità; se invece dico che ho ricevuto una risposta senza ambagi, l’immagine è una palla in buca con un solo schiocco. Se affermo di voler dire qualcosa senza giri di parole, ecco che sono subito didascalico, semplice e terragno, di una schiettezza che vuole farsi riconoscere e apprezzare; se affermo di voler dire qualcosa senza ambagi, ecco invece la pura libertà dell’andare al nocciolo.
È un gioco sottile, quello del calcolo di ciò che evochiamo in negativo. Negando, dicendo che qualcosa non c’è, la chiamiamo nel discorso; quindi una parola che traligna, che rispetto a tutte le altre della sua famiglia si mostra liscia nel dare un significato ritorto, è una risorsa anche in questo senso. La sua immagine più soffusa e meno caustica forse non ci viene alla mano quando vogliamo essere più caustici e meno soffusi. Ma quando vogliamo escluderla, ecco un risultato espressivo magnifico.
Che parola elegante, per significare le tortuosità. Elegante e morbida. Di solito per sfaccettare questo concetto usiamo parole più ruvide, più spregiative — dal viluppo all’intrico, dal groviglio al groppo al garbuglio. Senza contare il labirinto. Subito immagini asfissianti, disorientanti, inestricabili. L’ambage invece, pur essendo proprio il giro tortuoso e il viluppo, ha una morbidezza errante davvero unica.
In realtà si parla perlopiù di ambagi, al plurale, e in una dimensione figurata; questa non è una novità, dato che il termine viene preso in prestito dal latino ambages, che è già un plurale col significato di ‘tortuosità’. E già in latino prende i significati metaforici con cui usiamo oggi più probabilmente le ambagi, cioè il discorso contorto, involuto, oscuro, ambiguo e confuso. Però il modo in cui lo significa è bellamente limpido: è un derivato di una variante di agere, ‘condurre’, col prefisso amb-, che significa ‘intorno’. Quindi le ambages sono tortuosità che menano nei dintorni, senza le chiarezze inequivoche dei percorsi che arrivano a un punto.
Così perdiamo il filo delle ambagi di chi sta parlando dal podio cercando di darsi un tono, ci perdiamo nelle ambagi del manuale d’istruzioni fatto male, notiamo come certe ambagi siano un tentativo di avvicinarsi a delle scuse.
Però questa parola oggi vive soprattutto in negativo, quando contempliamo il ‘senza ambagi’. Questo ha senso precisamente per il carattere che notavamo: quando vogliamo marcare certe tortuosità ci piace usare parole incisive, e che magari portino un po’ di mostarda nel discorso. Invece se vogliamo dire che queste tortuosità non ci sono, un termine più morbido torna buono — non le evoca quasi.
Se dico che ho apprezzato la spiegazione senza tortuosità dell’argomento difficile, ho richiamato un certo viluppo ostico e impervio al fine di negarlo; se invece dico che ho apprezzato la spiegazione senza ambagi dell’argomento difficile, eccola lì, semplicemente spedita e diretta, perfino leggiadra. Se dico che ho ricevuto una risposta senza ambiguità, ecco la malizia della mia guardia che si attendeva, o fingeva di attendere, delle ambiguità; se invece dico che ho ricevuto una risposta senza ambagi, l’immagine è una palla in buca con un solo schiocco. Se affermo di voler dire qualcosa senza giri di parole, ecco che sono subito didascalico, semplice e terragno, di una schiettezza che vuole farsi riconoscere e apprezzare; se affermo di voler dire qualcosa senza ambagi, ecco invece la pura libertà dell’andare al nocciolo.
È un gioco sottile, quello del calcolo di ciò che evochiamo in negativo. Negando, dicendo che qualcosa non c’è, la chiamiamo nel discorso; quindi una parola che traligna, che rispetto a tutte le altre della sua famiglia si mostra liscia nel dare un significato ritorto, è una risorsa anche in questo senso. La sua immagine più soffusa e meno caustica forse non ci viene alla mano quando vogliamo essere più caustici e meno soffusi. Ma quando vogliamo escluderla, ecco un risultato espressivo magnifico.