Cassare
cas-sà-re (io càs-so)
Significato Cancellare qualcosa di scritto; bocciare, respingere, annullare; destituire
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo cassare, derivato di cassus ‘vuoto’.
Parola pubblicata il 17 Settembre 2025
cas-sà-re (io càs-so)
Significato Cancellare qualcosa di scritto; bocciare, respingere, annullare; destituire
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo cassare, derivato di cassus ‘vuoto’.
Parola pubblicata il 17 Settembre 2025
Il fatto che della Corte di Cassazione, volenti o nolenti, si senta parlare, non contribuisce minimamente a renderci più familiare il verbo ‘cassare’ — anche perché non è detto che si sappia che cosa cassa la Cassazione. Però è un verbo importante, che in un registro alto racconta un’azione semplice.
L’origine è umile. In latino cassus significava ‘vuoto’, e anche se oggi è del tutto desueto l’italiano lo ha continuato con l’aggettivo ‘casso’, che voleva dire, con una certa varietà, ‘vano, vuoto, sfornito’. Per fare un esempio antico e famoso, Ulisse (cioè Dante) quando nella Commedia racconta del suo viaggio, per dire che durò cinque mesi, cinque lune, dice «Cinque volte racceso e tante casso / lo lume era di sotto da la luna».
Il verbo cassare ha conosciuto un grande successo nel latino tardo e medievale: è di base un annullare, un distruggere; prende diverse pieghe, e in italiano viene preso in prestito (prestissimo, all’inizio del Duecento) col significato specifico di ‘cancellare da un foglio o da una lavagna’. Iniziamo a intravedere la Cassazione.
L’atto del cancellare qualcosa che è stato scritto è quotidiano, ma significativo, e può avere grandi implicazioni.
È un modo radicale di contraddire, di confutare, di bocciare. È un modo solenne di destituire qualcuno da un certo ruolo, cancellandone il nome. Naturalmente anche tutto il mondo della legge passa per la forma scritta, e quindi cassare una sentenza significa annullarla, spengerla. È in effetti questo potere della Corte di Cassazione a darle il nome.
In diversi ordinamenti, e non solo nel nostro, questa Corte non garantisce un completo terzo grado di giudizio. I giudizi della Cassazione non vertono sui fatti, vertono sul diritto: in particolare verificano che il diritto sia interpretato e applicato correttamente, e se rilevano che no allora annullano la sentenza, magari rinviandola al giudice competente. (È una corte, si dice, con funzione nomofilattica, cioè che vigila sull’uniforme interpretazione e applicazione delle norme — anche per questo di tante che ce n’erano ne è rimasta una sola.)
Ad ogni modo, in situazioni più quotidiane, nella rilettura posso decidere di cassare un paragrafo pesante che non dà molto al discorso, e in revisione accogliamo la critica penetrante e cassiamo quella che non ha colto il punto; posso cassare numeri di telefono di persone con cui fortunatamente non avrò più a che fare, e intere chat; e posso cassare qualche voce dal menu che avevamo in mente, perché ci accorgiamo che non abbiamo il tempo di preparare proprio tutto e alla fine in tavola ci sarà già fin troppo.
Il gesto del cassare resta, se non sempre solenne, sempre sostenuto; non è mai qualcosa che si faccia per sbaglio, o senza pensarci troppo. Abbiamo tanti modi di respingere e cancellare, e molti di questi — dal cancellare stesso al bocciare, dall’eliminare al rimuovere — hanno un’aria dura e anche spicciola. Non che il cassare sia più morbido o meno radicale, ma almeno si porta dietro un’ineludibile aura di azione ponderata.