Decente
de-cèn-te
Significato Conforme al decoro, alla dignità, alla convenienza; adeguato; accettabile
Etimologia voce dotta, recuperata dal latino decens, participio presente di decère ‘convenire’.
Parola pubblicata il 24 Settembre 2019
La strana coppia - con Salvatore Congiu
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.
Che cos’hanno in comune un abbigliamento decente e uno stipendio decente? E le decorazioni dell’albero di Natale con quelle che mio nonno si è guadagnate nella Seconda guerra mondiale? E come mai il mio amico tedesco, definendo dezent la musica del dirimpettaio, non intende dire che è di qualità decente bensì, semplicemente, che non è chiassosa? Come già accaduto altre volte, in particolare nel caso di netto, anche oggi batteremo quei territori in cui il linguaggio si fa specchio non tanto della realtà quanto dell’interpretazione che ne diamo, e quindi dei nostri giudizi morali.
L’origine del decente è un verbo latino, decère, usato esclusivamente alla terza persona. Ciò che decet è appropriato, adeguato, conveniente. Ma adeguato a che cosa? Conveniente per chi? Non certo a tutto e per tutti, e l’etimo ce lo mostra chiaramente. L’italiano decente deriva direttamente dal participio presente decens, che significava sì decente, decoroso, ma anche elegante, grazioso, bello. Infatti, dalla stessa radice deriva anche il sostantivo latino decor, che significava decoro, convenienza, decenza ma anche ornamento, e quindi bellezza, eleganza (e il gemello decus anche onore, dignità): ciò che è confacente, appropriato, è anche bello e onorevole. Ancora oggi, peraltro — e le decorazioni di mio nonno, essendo un ornamento che onora, sono una perfetta fusione delle due cose —, in italiano decoro significa anche decorazione, ornamento, oltre che decenza, dignità.
Dignità: ecco la parola chiave. Anche dignus deriva dalla stessa radice di decère, e dignum est era sinonimo di decet. Non a caso “dignità”, in italiano, ha un duplice significato: nobiltà morale, onorabilità, ma anche carica elevata, alto ufficio. Qui si tratta di rango, posizione sociale. Qualcuno è ritenuto degno di qualcosa perché ciò si addice alla sua condizione, gli si attaglia, gli spetta. Così pure nel decoro e nella decenza: il mio decoro non è il tuo, e un informatico che lavora per la Apple e un cassiere del supermercato hanno concetti molto diversi di “stipendio decente”. Decoro, dignità e decenza sono nati in un mondo fondato sulle distinzioni gerarchiche tra le persone.
Da tempo, però, la decenza si è democratizzata, assestandosi placidamente sul piano dell’assenza di eccessi, della medietà – anzi, della mediocrità: provate a dire a vostra madre che la sua parmigiana di melanzane è “decente”…. E se il nostro informatico della Apple, che guadagna 10.000 dollari al mese, affermasse che il suo stipendio è decente (intendendo che si confà al suo livello di competenze e alle sue mansioni), solleverebbe un’immane ondata di indignazione: “decente” non è troppo poco ma neppure molto. Qui si inserisce abbastanza coerentemente il tedesco dezent, in cui la decenza si declina come discrezione e sobrietà: dezent è ciò che non si fa notare troppo, che non è eccessivo, che rimane sullo sfondo, e riferito ad una persona indica l’essere riservato, discreto, non invadente.
D’altro canto, oggi intendiamo la decenza soprattutto come “comune senso del pudore” (la madre che dice alla figlia di vestirsi o parlare con maggior decenza), perciò “indecente” è termine ben più forte di “inappropriato” o “sconveniente”. Niente del genere nel tedesco indezent, e qui si profila uno spartiacque culturale interessante: la Indezenz tedesca è semplice mancanza di tatto e discrezione, invasione della sfera privata altrui. Evidentemente, a quelle latitudini, su tali questioni la sensibilità è assai maggiore.