SignificatoChe non può essere percepito dai sensi; minimo, sottilissimo
Etimologia da percettibile, voce dotta recuperata dal latino tardo perceptìbilis, da perceptus, participio passato di percìpere ‘percepire’, con prefisso negativo in-.
Alcune parole, per l’intensità estrema del significato che portano, vivono una dimensione di esagerazione paradossale. Ad esempio quella dell’impercettibile è una qualità amatissima nelle descrizioni del sottile, del minimo, e lo è tradendo spesso e volentieri il suo significato.
Infatti talvolta mi accorgo dell’impercettibile sorriso che ti balena in viso quando ascolti un’ingenuità, un rumore impercettibile che sento e risento m’inquieta di notte, e un effluvio impercettibile mi fa già capire chi c’è o che succede nella stanza chiusa.
Però, a voler essere fiscali, l’impercettibile non dovrebbe poter essere percepito. Il fatto stesso che se ne parli, che si racconti, che si noti, lo rende di fatto percettibile.
È un gioco d’iperbole icastico e gradevole, questo ‘non si sente nemmeno’ che si sente appena, e che si distingue in maniera netta da tutti gli altri modi che abbiamo per ricamare su questo grado minimo del senso.
Un rumore lieve, sommesso o basso è senz’altro un rumore che si può ascoltare, registrare, che può contribuire a campire un’atmosfera, che dà un fondo di gradevolezza, di fastidio, o anche solo di ambiente. E si può dire qualcosa di analogo per odori lievi — ma capiamo che non sono attributi molto versatili, si sbilanciano su una misura. L’impercettibile, che riesce a qualificare ogni manifestazione di senso, è ben più versatile, e va dai più ridotti cenni che balenano per un istante fino a sensazioni tanto impalpabili da essere impressioni, suggestioni. La sensazione, nell’impercettibile, non ci dovrebbe essere, ma c’è, e però praticamente trascende.
Per questi versi gli sono forse più vicini lo sfuggente, l’inafferrabile, che però possono anche essere pianamente in vista e poco comprensibili: sono caratteri di elementi che non si fanno cogliere perché evasivi o enigmatici — un profumo sfuggente lo sento bene anche se è volatile e non riesco a collocarlo (ah, il tiglio! è già in fiore), un’espressione inafferrabile di soddisfazione mi lascia degli interrogativi.
Certo, che caratterizzazione complessa, che ha l’impercettibile: può essere letterale, e quindi posso parlare di come la maggior parte delle scosse di terremoto siano per noi impercettibili, di moti del cielo stellato impercettibili a occhio nudo, ma può anche essere iperbolico, e intendere il minimo elemento sensibile, a un grado di sottigliezza che certo comunica (anche con una certa eloquenza) senza però quasi essere rappresentabile nella sua levità, nella sua bassezza, nella sua istantaneità.
Poi è una parola che diciamo e scriviamo regolarmente e senza un pensiero in più, ma ecco: è in queste sfumature impercettibili che sta la magia naturale delle parole, sfumature che peraltro dominiamo con tanta disinvoltura.
Alcune parole, per l’intensità estrema del significato che portano, vivono una dimensione di esagerazione paradossale. Ad esempio quella dell’impercettibile è una qualità amatissima nelle descrizioni del sottile, del minimo, e lo è tradendo spesso e volentieri il suo significato.
Infatti talvolta mi accorgo dell’impercettibile sorriso che ti balena in viso quando ascolti un’ingenuità, un rumore impercettibile che sento e risento m’inquieta di notte, e un effluvio impercettibile mi fa già capire chi c’è o che succede nella stanza chiusa.
Però, a voler essere fiscali, l’impercettibile non dovrebbe poter essere percepito. Il fatto stesso che se ne parli, che si racconti, che si noti, lo rende di fatto percettibile.
È un gioco d’iperbole icastico e gradevole, questo ‘non si sente nemmeno’ che si sente appena, e che si distingue in maniera netta da tutti gli altri modi che abbiamo per ricamare su questo grado minimo del senso.
Un rumore lieve, sommesso o basso è senz’altro un rumore che si può ascoltare, registrare, che può contribuire a campire un’atmosfera, che dà un fondo di gradevolezza, di fastidio, o anche solo di ambiente. E si può dire qualcosa di analogo per odori lievi — ma capiamo che non sono attributi molto versatili, si sbilanciano su una misura. L’impercettibile, che riesce a qualificare ogni manifestazione di senso, è ben più versatile, e va dai più ridotti cenni che balenano per un istante fino a sensazioni tanto impalpabili da essere impressioni, suggestioni. La sensazione, nell’impercettibile, non ci dovrebbe essere, ma c’è, e però praticamente trascende.
Per questi versi gli sono forse più vicini lo sfuggente, l’inafferrabile, che però possono anche essere pianamente in vista e poco comprensibili: sono caratteri di elementi che non si fanno cogliere perché evasivi o enigmatici — un profumo sfuggente lo sento bene anche se è volatile e non riesco a collocarlo (ah, il tiglio! è già in fiore), un’espressione inafferrabile di soddisfazione mi lascia degli interrogativi.
Certo, che caratterizzazione complessa, che ha l’impercettibile: può essere letterale, e quindi posso parlare di come la maggior parte delle scosse di terremoto siano per noi impercettibili, di moti del cielo stellato impercettibili a occhio nudo, ma può anche essere iperbolico, e intendere il minimo elemento sensibile, a un grado di sottigliezza che certo comunica (anche con una certa eloquenza) senza però quasi essere rappresentabile nella sua levità, nella sua bassezza, nella sua istantaneità.
Poi è una parola che diciamo e scriviamo regolarmente e senza un pensiero in più, ma ecco: è in queste sfumature impercettibili che sta la magia naturale delle parole, sfumature che peraltro dominiamo con tanta disinvoltura.