SignificatoGuarnigione di difesa; difesa, protezione circoscrizionale; strumento o persona che opera in difesa, come garante
Etimologia voce dotta recuperata dal latino praesidium ‘guarnigione, difesa’, da praesidere ‘difendere, dirigere’.
Ma certo che so che cosa vuol dire la parola ‘presidio’, pff, è una parola così semplice. Può indicare sia l’occupazione della piazza per la manifestazione sindacale protratta, sia un disinfettante per superfici, che c’è di strano?
‘Presidio’ è una parola che conduce una vita pubblica attivissima, per questo è così nota. Si attaglia a realtà variegate, ha un profilo d’impegno che piace, e però ha anche degli esiti inattesi. Se cerchiamo di capirci qualcosa di più, magari potremo usarla anche in maniera creativa.
Partiamo dall’etimo: ci racconta subito che siamo davanti a una parola di potere, perché il praesidium è figlio del praesidere, da cui il nostro ‘presiedere’. Uno ‘star davanti’ che è governo e protezione — e proprio di protezione ci parla in particolare il praesidium. Guarnigione, difesa, scorta, quasi sempre descrive una realtà militare, ma ha anche dei profili figurati che ritroveremo anche dopo — come quello del rimedio, che è in effetti un aiuto, una protezione.
Anche in italiano il presidio ha un primo rilievo militare: è la guarnigione posta a guardia di un certo luogo. Quel presidio che intendiamo come occupazione non militare di un posto — come ad esempio il picchetto di una manifestazione — ne è estensione diretta, al fine di testimoniare, propagare o propagandare un’idea.
Il prossimo passo richiede un minimo di attenzione: il presidio-guarnigione non è chiuso in sé, ma diventa circoscrizione, si riferisce al territorio. Un presidio, controllando un certo caposaldo, guarda una certa zona: così l’ospedale (che ha evidenti tratti protettivi) diventa il presidio sanitario della valle.
D’altro canto questa difesa ha anche una dimensione morale, di garanzia, che può impegnare o essere assicurata da strumenti, da persone, perfino da facoltà umane: si parla di come la Costituzione sia presidio della democrazia, di come il ruolo di presidente sia un presidio contro gli abusi dell’amministrazione, di una buona abitudine che è presidio di salute, del teatro del paese, presidio della sua vita culturale. Non è un aiuto vago, un appoggio solo dichiarato: è una difesa concreta, una garanzia fattiva — incrollabile come vuole essere una guarnigione insediata.
Sarebbe una progressione di significati cristallina, bella e lineare, se non fosse per l’arrivo del ‘presidio medico-chirurgico’, che sentiamo nominare nella pubblicità e troviamo su una certa varietà di confezioni. Beninteso: ‘presidio’ è stato usato in ambito medico per secoli, col significato di strumento, di rimedio — come anticipavo. Francesco Redi, illustre medico del Seicento, poteva raccomandare dei cambi di presidio per certe malattie, e possiamo parlare di un presidio diagnostico. Ma per ‘presidio medico-chirurgico’ non s’intende quello che conseguentemente ci potremmo immaginare, cioè ogni dispositivo o medicamento che sia strumento ‘medico-chirurgico’.
Là dove interviene la legge, la lingua si irrigidisce: non può continuare a fluire nelle sue novità e nelle sue approssimazioni. Con un decreto, alla fine degli anni ‘90, sono stati individuati come ‘presidi medico-chirurgici’ dei prodotti che non sono farmaci ma che ci si avvicinano e che richiedono peraltro il presidio di una particolare regolamentazione nella produzione e nella commercializzazione. In larga maggioranza sono biocìdi — cioè ammazzano la vita in molte delle sue indesiderate forme. A mente del Ministero, vi rientrano «disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide o battericide, insetticidi per uso domestico e civile, insettorepellenti, topicidi e ratticidi ad uso domestico e civile». (Chissà quanto tempo hanno risparmiato usando questa splendida parola, ‘insettorepellenti’, invece di scrivere ‘repellenti per insetti’.)
E questa etimologia non solo è il filo che lega la nerboruta centuria di guarnigione al lezioso spruzzino antibatterico, ma è anche la via che ci può portare a trovare nuovi modi di intendere il presidio.
Ma certo che so che cosa vuol dire la parola ‘presidio’, pff, è una parola così semplice. Può indicare sia l’occupazione della piazza per la manifestazione sindacale protratta, sia un disinfettante per superfici, che c’è di strano?
‘Presidio’ è una parola che conduce una vita pubblica attivissima, per questo è così nota. Si attaglia a realtà variegate, ha un profilo d’impegno che piace, e però ha anche degli esiti inattesi. Se cerchiamo di capirci qualcosa di più, magari potremo usarla anche in maniera creativa.
Partiamo dall’etimo: ci racconta subito che siamo davanti a una parola di potere, perché il praesidium è figlio del praesidere, da cui il nostro ‘presiedere’. Uno ‘star davanti’ che è governo e protezione — e proprio di protezione ci parla in particolare il praesidium. Guarnigione, difesa, scorta, quasi sempre descrive una realtà militare, ma ha anche dei profili figurati che ritroveremo anche dopo — come quello del rimedio, che è in effetti un aiuto, una protezione.
Anche in italiano il presidio ha un primo rilievo militare: è la guarnigione posta a guardia di un certo luogo. Quel presidio che intendiamo come occupazione non militare di un posto — come ad esempio il picchetto di una manifestazione — ne è estensione diretta, al fine di testimoniare, propagare o propagandare un’idea.
Il prossimo passo richiede un minimo di attenzione: il presidio-guarnigione non è chiuso in sé, ma diventa circoscrizione, si riferisce al territorio. Un presidio, controllando un certo caposaldo, guarda una certa zona: così l’ospedale (che ha evidenti tratti protettivi) diventa il presidio sanitario della valle.
D’altro canto questa difesa ha anche una dimensione morale, di garanzia, che può impegnare o essere assicurata da strumenti, da persone, perfino da facoltà umane: si parla di come la Costituzione sia presidio della democrazia, di come il ruolo di presidente sia un presidio contro gli abusi dell’amministrazione, di una buona abitudine che è presidio di salute, del teatro del paese, presidio della sua vita culturale. Non è un aiuto vago, un appoggio solo dichiarato: è una difesa concreta, una garanzia fattiva — incrollabile come vuole essere una guarnigione insediata.
Sarebbe una progressione di significati cristallina, bella e lineare, se non fosse per l’arrivo del ‘presidio medico-chirurgico’, che sentiamo nominare nella pubblicità e troviamo su una certa varietà di confezioni.
Beninteso: ‘presidio’ è stato usato in ambito medico per secoli, col significato di strumento, di rimedio — come anticipavo. Francesco Redi, illustre medico del Seicento, poteva raccomandare dei cambi di presidio per certe malattie, e possiamo parlare di un presidio diagnostico. Ma per ‘presidio medico-chirurgico’ non s’intende quello che conseguentemente ci potremmo immaginare, cioè ogni dispositivo o medicamento che sia strumento ‘medico-chirurgico’.
Là dove interviene la legge, la lingua si irrigidisce: non può continuare a fluire nelle sue novità e nelle sue approssimazioni. Con un decreto, alla fine degli anni ‘90, sono stati individuati come ‘presidi medico-chirurgici’ dei prodotti che non sono farmaci ma che ci si avvicinano e che richiedono peraltro il presidio di una particolare regolamentazione nella produzione e nella commercializzazione. In larga maggioranza sono biocìdi — cioè ammazzano la vita in molte delle sue indesiderate forme. A mente del Ministero, vi rientrano «disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide o battericide, insetticidi per uso domestico e civile, insettorepellenti, topicidi e ratticidi ad uso domestico e civile». (Chissà quanto tempo hanno risparmiato usando questa splendida parola, ‘insettorepellenti’, invece di scrivere ‘repellenti per insetti’.)
E questa etimologia non solo è il filo che lega la nerboruta centuria di guarnigione al lezioso spruzzino antibatterico, ma è anche la via che ci può portare a trovare nuovi modi di intendere il presidio.