Riga

rì-ga

Significato Linea dritta disegnata su una superficie, e strumento utilizzato per disegnarla; serie di oggetti disposti in linea, come i caratteri di una riga tipografica; mettere in riga, rompere le righe

Etimologia dal longobardo riga, ‘linea, fila’.

La riga è un concetto di uso frequente: si dispongono le cose o le persone in righe (qualcuno darà poi l’ordine di scioglierle o romperle), e se qualcuno ci rimette in riga sono guai! Nella scrittura si parla di riga tipografica, o di riga di accompagnamento ad un mazzo di fiori, e si può addirittura… leggere fra le righe! Infine le righe possono essere di separazione: in quanto alla scriminatura dei capelli, preferiamo la riga a destra o a sinistra? Un concetto semplice, essenziale, come sono spesso quelli di ascendenza longobarda.

La riga, o il righello (parola attestata solo a partire dal 1890) è anche il più umile degli strumenti di disegno, utilizzato per tracciare linee diritte nell’esercizio di quell’affascinante campo della matematica che è la geometria – disciplina che affonda le radici nella più remota antichità, e di cui Euclide, con i suoi Elementi, è tuttora uno dei massimi esponenti.

Si dice sovente che la geometria di Euclide sia quella della riga e del compasso; ma a ben vedere è uno sproposito, perché Euclide, nella sua opera, non nomina mai né l’una né l’altro: non li descrive in quanto strumenti, né tanto meno ne definisce l'uso. Se dunque Euclide non parla di questi strumenti, di cosa si occupa? Semplicemente di linee rette e di circonferenze, a proposito delle quali postula:

  1. È possibile condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto;
  2. È possibile prolungare illimitatamente in linea retta un segmento finito;
  3. È possibile descrivere un cerchio con qualsiasi centro e qualsiasi raggio.

È ovvio che le prime due operazioni possono essere fatte con una riga, e la terza con un compasso; ma questi non sono suggerimenti che provengono da Euclide: lui parla solo di linee ideali – si potrebbe persino dire mentali, o immaginarie. Dunque per non travisare il pensiero di Euclide, nel momento in cui gli strumenti di disegno vengono effettivamente usati, bisogna fare attenzione a non prendersi libertà indebite: per capire di cosa stiamo parlando, proviamo a trasportare un segmento, una distanza da una parte all’altra del foglio.

A nessuno venga in mente di usare un righello graduato: Euclide, che già non parla di riga, ancor meno parla di riga graduata; d’altra parte non si può che ammettere che questo sistema porterebbe solo a risultati approssimati.

Né Euclide ci autorizza ad aprire un compasso sulla distanza data, sollevarlo dal foglio e poi puntarlo da qualche altra parte per poi tracciare un piccolo arco che la replichi.

Tuttavia non possiamo pensare che ad Euclide non capiti mai di trasportare distanze, ed effettivamente è a questo che dedica le prime proposizioni dei suoi Elementi, mostrando un sistema che utilizza solo le operazioni consentite dai postulati elencati sopra: proprio il disegno di segmenti rettilinei e di archi di circonferenza.

Ovvio che poi, nella pratica della geometria, si usano righelli graduati e compassi volanti per trasportare distanze; ma queste scorciatoie sono consentite solo perché si sa come, volendo, si dovrebbe fare per rimanere nelle regole, senza barare.

Su queste basi così impalpabili, cioè il solo disegno di linee rette e circonferenze, e senza mai abusare degli strumenti di disegno, Euclide edifica quell’immenso castello che sono i suoi Elementi, con centinaia di costruzioni impeccabili e teoremi rigorosamente dimostrati. Tuttavia questo pur imponente lavoro non ha esaurito lo studio della geometria: dopo di lui verrà, fra gli altri, Archimede ad occuparsi di sfera e cilindro; e comunque rimarranno aperti alcuni problemi classici, come la trisezione dell’angolo e la quadratura del cerchio.

Sono entrambi problemi di cui è stata dimostrata impossibile la risolubilità all’interno della geometria di Euclide; ma bastano piccole modifiche alla riga per fare dei passi avanti. Iniziamo dalla trisezione dell’angolo: proprio Archimede ha trovato un ingegnoso stratagemma che però richiede l’uso di un… righello evoluto, ovvero una riga sulla quale siano segnate due tacche, a distanza arbitraria l’una dall’altra. Secondo Archimede, ad un certo punto occorre tracciare una retta che passi per un certo punto, mentre le due tacche del righello si trovano l’una su una retta, e l’altra su una circonferenza. Stiamo andando oltre i postulati di Euclide: non si tratta più di condurre una linea fra due punti predeterminati, ma di fare un’operazione, in un certo senso, a occhio; comunque almeno in linea di principio il metodo fornisce risultati esatti.

Qualsiasi altro problema, come la quadratura del cerchio, può infine essere risolto con un righello graduato: si misura il diametro del cerchio, si svolgono alcuni calcoli e poi si traccia un quadrato il cui lato abbia la lunghezza dovuta – qui però il risultato sarà sicuramente approssimato.

In geometria si possono dunque usare righe più o meno evolute; tuttavia la nobiltà della geometria euclidea, che fa uso della sola riga non graduata, è inarrivabile – e, a distanza di millenni, continua a meravigliarci per la sua eleganza!

Parola pubblicata il 30 Giugno 2023

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