Barare

ba-rà-re (io bà-ro)

Significato Ingannare, truffare al gioco

Etimologia da baro, di origine incerta.

Ingannare, truffare al gioco — e specie al gioco delle carte, a dirla tutta. Una parola di precisione affilatissima, il cui perimetro è davvero interessante, e la cui incerta origine lo è ancora di più.

Oggi ha un significato rigido: il barare non diventa mai un ingannare o un truffare generico, anche se in passato poteva esserlo. Non diremo che la coppia della bancarella ha barato vendendoci un aggeggio rotto, o che qualcuno ha barato durante un interrogatorio di polizia. Ciò nondimeno è un termine versatile, perché è rigidamente fissato sì, ma nei limiti amplissimi di ciò che può essere considerato un gioco. Solo quando la situazione (ripensiamo alla vendita o all’interrogatorio) non ci mostra profili di gioco, il barare stona.

Infatti si può barare quando propriamente si sta giocando a un gioco, violando di nascosto le regole per vincere (come quando per scherzo barasti a briscola con la zia Aldina nel 2005, e non ha mai più voluto giocare a carte con te), ma sul crinale condiviso fra gioco e prova si può anche barare in competizioni sportive, barare a esami e quiz, barare in una presentazione dando numeri ritoccati, barare sull’età, perfino barare con me stesso. È alla fine un agire sleale rispetto alle regole del gioco, reali o metaforiche che siano. Ma come diavolo si arriva a un significato così preciso?

Ora, il barare deriva dal baro, colui che bara, il cui nome emerge durante il Rinascimento (quindi abbastanza tardi). Ma da dove venga questo ‘baro’ si discute senza certezze. Nel latino classico il termine baro indica lo zotico, il semplicione, e la sua origine è ignota. Ma in epoca più tarda questo baro inizia a prendere un profilo militare, descrivendo il mercenario, l’uomo ‘atto alle armi’ — dapprima anche con un tratto spregiativo, servile. E però, integrato in lessici barbari, come quello dei Franchi, ha portato ad esempio a identificare la figura del barone, che avrà tanta fortuna nei secoli successivi.

Siamo davanti a un termine che con buona probabilità, a partire da un significato relativamente generico (forse, ipotizzano alcuni, da intendersi addirittura come ‘uomo’), ha preso le pieghe più differenti. Anche perché (come annota Nocentini nel suo vocabolario etimologico), ha degli esiti variegati nelle diverse lingue romanze — nell’antico francese baron era lo sposo, nell’antico catalano baró era l’uomo adulto, e in spagnolo varón è il maschio.

Il baro quindi (e con lui l’azione ampia del barare) sembra scaturire da una lunghissima evoluzione particolare, e in buona parte orale, di una prima suggestione sfumata — che nel caso del volgare italiano, con una continuità in effetti arguta, può aver portato dal tizio balordo al truffatore al gioco delle carte.

C’è però chi diffida dal giocare a tressette col morto perché il morto bara: ecco, la bara etimologicamente non c’entra niente. Come tutta la parte più importante del nostro lessico della falegnameria, questo nome della cassa da morto ha un’origine longobarda.

Parola pubblicata il 30 Settembre 2021