Barbaro

bàr-ba-ro

Significato Nell’antichità non greco, non romano; che apparteneva alle popolazioni che invasero l’Impero Romano; straniero; rozzo, incolto, arretrato, primitivo, selvaggio; crudele, efferato

Etimologia voce dotta recuperata dal latino barbarus, che è dal greco bárbaros ‘non greco, straniero, incivile’.

Una parola comune, di primo rilievo nella storia della nostra cultura, e dall’origine famosa – ma anche una parola scivolosissima, perché spesso ignara del senso del ridicolo. In effetti, è difficile trovare parole più altezzose di questa – che pure è spesa vigorosamente, e senza grandi scrupoli.

In greco bárbaros è un aggettivo che qualifica gli stranieri, o meglio, i non Greci, con connotati di sprezzo schietto. La sua origine è espressiva, ed evoca un balbettìo, perché questa era la caratteristica più evidente e miserabile dei non Greci: parlavano una lingua straniera – cioè, ça va sans dire, un’accozzaglia di suoni astrusi di sicura pochezza, barbarbar.

I Romani mutuarono questa nozione dai Greci insieme, come sappiamo, a gran parte della loro cultura – e a ragion veduta: è una nozione folgorante. Loro, da rudi campagnoli mangiafarro mano-al-ferro del profondo Lazio, prima di ritrovarsi alle redini del loro mondo, in questa sfera semantica avevano maturato gli antecedenti dei nostri pellegrini, esteri, avventori, stranieri, ospiti, alla peggio ostili – ma barbari no! Quello degli altri che parlando fluentemente lingue straniere balbettano è un concetto geniale, un meme di cui appropriarsi subito, specie se si vuole distinguere un noi, bastione luminoso di civiltà, e un gli-altri, insignificante incrostazione transeunte. Un concetto geniale perché è un’autolusinga irresistibile – seppur stupida e provinciale (almeno col metro di chi come noi sa quali mondi e ricchezze vivano nelle lingue straniere). È così che i barbari diventano i non Greco-Romani.

Le variegate estensioni di questo termine non si salvano da questa impronta originaria. Il barbaro diventa in generale l’arretrato, l’incivile, l’incolto, ma anche il primitivo, il selvaggio, il privo di finezza fino all’animalesco, e perfino il crudele e l’efferato – e questi sono usi facili, quante ‘usanze barbare’ sapremmo indicare?

Ma il ‘barbaro’ non denota queste qualità in maniera assoluta – né è sufficiente dire che le denota in maniera relativa, per cui si è barbari rispetto a qualcun altro. Piuttosto, l’uso del termine ‘barbaro’ manifesta la credenza della barbarie di qualcuno rispetto a qualcun altro. Più che significare l’arretrato, l’incivile, il primitivo e via dicendo, l’uso di questo termine evidenzia un convincimento di superiorità.

È divertente, versatile ed energico quando si usa per fare autoironia, anche giocando sul suo vigore spontaneo in contrasto con un’ideale classicità decadente, bizantina – come quando mi scuso per la barbarie se servendomi a tavola mi aiuto con le mani, o se metto la maionese sulla pizza, o delle parole barbare che uso volentieri per come calzano. E lo stesso vale quando si sente il barbaro nostro o fertile, come quando ci si schiera contro una tradizione, si cavalca una libertà poco conforme, si sceglie una soluzione scandalosa.
Invece, come ogni convincimento di superiorità, quello insito in barbaro quando è schietto puzza.

Parola pubblicata il 25 Gennaio 2021