SignificatoScorrere in fretta e disordinatamente pagine, fogli, cercando ciò che interessa; frugare fra le carte conducendo una ricerca d’archivio
Etimologia da scartabello ‘quaderno, libercolo’, di etimo incerto.
Ci sono due punti che rendono questa parola magnifica, anzi tre.
Il primo e più intuitivo è il suono. Non abbiamo purtroppo il conforto di un’etimologia cristallina e pacifica (prima di ‘scartabello’ e ‘cartabello’ ci sono attestazioni in latino medievale di cartapellus, s’ipotizza anche una composizione di charta e tabella, o una derivazione da cartabulum ‘registro’, ma senza approdi definitivi). E proprio questi sono i casi in cui più volentieri ci si rivolge con aspettativa al suono di una parola: ‘scartabellare’ riesce a evocare, nella varietà delle consonanti, i suoni articolati e complessi di uno sfogliare che non è solo uno scorrere le pagine, ma un muoverne a mazzi, con sfrigolii rapidi di orecchie, tonfetti, pieghe, accartocciamenti di fogli, pause.
La seconda riguarda la longevità diversa di parole parenti: di ‘scartabelli’ non si parla più, e da un pezzo. In effetti, lo ‘scartabello’ è un’entità ferma nelle voci dei dizionari. Invece di ‘scartabellare’ si continua a scrivere e a parlare, lo scartabellare va avanti. Forse anche con la forza dell’ironia, che sa sfruttare bene il gustoso patrimonio di ricchezza sonora di questo verbo: se dico che per la ricerca ho sfogliato tanti libri o che ho scartabellato tanti libri, il colore da piano diventa disordinato e vivace, ed è terreno più fertile per l’umorismo.
Infine, i significati di questa parola possono essere tanto divergenti da farla sembrare una sottile, sapidaenantiosemia: lo scartabellare infatti abbraccia due poli eccezionalmente distanti, che pur mantenendo il tratto comune dell’agilità sono quasi opposti. Da un lato abbiamo uno sfogliare disordinato, superficiale e spesso vano - come quando si scartabellano le riviste di dieci anni fa ammucchiate nella sala d’aspetto (‘Youtube: una nuova moda’). Mentre all’altro estremo abbiamo una ricerca d’archivio, che per quanto mobiliti e sondi con sveltezza vaste e sparpagliate masse di pagine è metodico, approfondito e concreto - come quando il giornalista scartabella i faldoni con le vecchie edizioni dei quotidiani locali per cercare di ricostruire una storia che non è finita.
Insomma, una parola sontuosa nella varietà di significati che apparecchia e nella finezza garbata dei suoi effetti comunicativi.
Ci sono due punti che rendono questa parola magnifica, anzi tre.
Il primo e più intuitivo è il suono. Non abbiamo purtroppo il conforto di un’etimologia cristallina e pacifica (prima di ‘scartabello’ e ‘cartabello’ ci sono attestazioni in latino medievale di cartapellus, s’ipotizza anche una composizione di charta e tabella, o una derivazione da cartabulum ‘registro’, ma senza approdi definitivi). E proprio questi sono i casi in cui più volentieri ci si rivolge con aspettativa al suono di una parola: ‘scartabellare’ riesce a evocare, nella varietà delle consonanti, i suoni articolati e complessi di uno sfogliare che non è solo uno scorrere le pagine, ma un muoverne a mazzi, con sfrigolii rapidi di orecchie, tonfetti, pieghe, accartocciamenti di fogli, pause.
La seconda riguarda la longevità diversa di parole parenti: di ‘scartabelli’ non si parla più, e da un pezzo. In effetti, lo ‘scartabello’ è un’entità ferma nelle voci dei dizionari. Invece di ‘scartabellare’ si continua a scrivere e a parlare, lo scartabellare va avanti. Forse anche con la forza dell’ironia, che sa sfruttare bene il gustoso patrimonio di ricchezza sonora di questo verbo: se dico che per la ricerca ho sfogliato tanti libri o che ho scartabellato tanti libri, il colore da piano diventa disordinato e vivace, ed è terreno più fertile per l’umorismo.
Infine, i significati di questa parola possono essere tanto divergenti da farla sembrare una sottile, sapida enantiosemia: lo scartabellare infatti abbraccia due poli eccezionalmente distanti, che pur mantenendo il tratto comune dell’agilità sono quasi opposti. Da un lato abbiamo uno sfogliare disordinato, superficiale e spesso vano - come quando si scartabellano le riviste di dieci anni fa ammucchiate nella sala d’aspetto (‘Youtube: una nuova moda’). Mentre all’altro estremo abbiamo una ricerca d’archivio, che per quanto mobiliti e sondi con sveltezza vaste e sparpagliate masse di pagine è metodico, approfondito e concreto - come quando il giornalista scartabella i faldoni con le vecchie edizioni dei quotidiani locali per cercare di ricostruire una storia che non è finita.
Insomma, una parola sontuosa nella varietà di significati che apparecchia e nella finezza garbata dei suoi effetti comunicativi.