SignificatoFare scintille, risplendere, mandare bagliori; mostrare un sentimento intenso
Etimologia derivato di favilla, derivato del latino favilla ‘scintilla’, derivato di fovère ‘scaldare’.
Nell’esperienza che determina la nascita di una parola, e nella sua eco nella nostra esperienza, sta il suo segreto. ‘Sfavillare’ è un verbo che istintivamente ci piace, che ci rappresenta un brillare particolarmente vivace, gioioso, perfino entusiasmante. Ma perché?
Non serve grande immaginazione per leggerci dentro la favilla, il minutissimo frammento incandescente che sprizza dal fuoco o dai carboni ardenti per spengersi subito. Ora, la favilla non è più una presenza così costante nelle nostre vite come era in quelle dei nostri avi: era un riferimento onnipresente, nell’orbita di un focolare che era la casa stessa. Ed era tanto più sorprendente e meravigliosa — come lo è ancora oggi — al crescere del contrasto col buio. Mai come nelle sere d’inverno lo sfavillare del fuoco ci attrae.
Inoltre ha il fascino dell’effimero. Il brillare della favilla non resta saldo. E ancora, lo sfavillare è minuto ma mai isolato (manda bagliori, non bagliore), e con la velocità con cui sprizza crea un effetto luminoso ampio — modesto, tremolante fuoco pirotecnico intorno a un fuoco di legna. Replicato in un’esperienza universalmente condivisa.
Perciò è un risplendere così vivido e complesso, lo sfavillare: sfavillano gli astri, sfavillano i riflessi del mare, sfavillano i vetri colorati nel sole, i lustrini sul vestito. Una complessità che sa comportare da sé una caratterizzazione psicologica, un’espressione intensa di sentimento: gli occhi che sfavillano nel buio, di rabbia, o nella sconfitta, fanno più che presagire. E se sfavillo di felicità, il mio stato d’animo è per tutti di evidenza solare.
Non ha la vaghezza del brillare, applicabile anche alla più immobile delle luci; non è ampollosa come lo sfolgorare, che squarcia il cielo; non ha la neutralità concreta del luccicare. E infine, con la garbata desuetudine del termine favilla, nemmeno resta troppo legata alla sua immagine originaria, come invece fa lo scintillare, un po’ più prosaico, terragno.
Una modestia rétro fa sfavillare le sue profonde sfaccettature di significato.
Nell’esperienza che determina la nascita di una parola, e nella sua eco nella nostra esperienza, sta il suo segreto. ‘Sfavillare’ è un verbo che istintivamente ci piace, che ci rappresenta un brillare particolarmente vivace, gioioso, perfino entusiasmante. Ma perché?
Non serve grande immaginazione per leggerci dentro la favilla, il minutissimo frammento incandescente che sprizza dal fuoco o dai carboni ardenti per spengersi subito. Ora, la favilla non è più una presenza così costante nelle nostre vite come era in quelle dei nostri avi: era un riferimento onnipresente, nell’orbita di un focolare che era la casa stessa. Ed era tanto più sorprendente e meravigliosa — come lo è ancora oggi — al crescere del contrasto col buio. Mai come nelle sere d’inverno lo sfavillare del fuoco ci attrae.
Inoltre ha il fascino dell’effimero. Il brillare della favilla non resta saldo. E ancora, lo sfavillare è minuto ma mai isolato (manda bagliori, non bagliore), e con la velocità con cui sprizza crea un effetto luminoso ampio — modesto, tremolante fuoco pirotecnico intorno a un fuoco di legna. Replicato in un’esperienza universalmente condivisa.
Perciò è un risplendere così vivido e complesso, lo sfavillare: sfavillano gli astri, sfavillano i riflessi del mare, sfavillano i vetri colorati nel sole, i lustrini sul vestito. Una complessità che sa comportare da sé una caratterizzazione psicologica, un’espressione intensa di sentimento: gli occhi che sfavillano nel buio, di rabbia, o nella sconfitta, fanno più che presagire. E se sfavillo di felicità, il mio stato d’animo è per tutti di evidenza solare.
Non ha la vaghezza del brillare, applicabile anche alla più immobile delle luci; non è ampollosa come lo sfolgorare, che squarcia il cielo; non ha la neutralità concreta del luccicare. E infine, con la garbata desuetudine del termine favilla, nemmeno resta troppo legata alla sua immagine originaria, come invece fa lo scintillare, un po’ più prosaico, terragno.
Una modestia rétro fa sfavillare le sue profonde sfaccettature di significato.