Tremolare
Scorci letterari
tre-mo-là-re (io trè-mo-lo)
Significato Oscillare in maniera leggera e rapida, tremare
Etimologia dal latino tardo tremulare, derivato di tremulus ‘tremulo’, a sua volta da trèmere ‘tremare’.
Parola pubblicata il 02 Gennaio 2017
Scorci letterari - con Lucia Masetti
Con Lucia Masetti, dottoranda in letteratura italiana, uno scorcio letterario sulla parola del giorno.
Per padroneggiare la lingua se ne devono padroneggiare le sfumature - e questa parola ci dà occasione di considerarne alcune insieme intuitive e raffinate.
Il tremare e il tremolare denotano grossomodo la stessa azione: l’oscillare rapidamente. Ma il tremolare è più rapido e leggero del tremare: per effetto di una scossa tellurica l’edificio trema, non tremola.
Inoltre (e forse soprattutto) il tremare richiama la reazione al freddo, alla paura o più in genere all’emozione - mentre il tremolare resta più neutro. Le foglie dell’albero nel vento tremano sotto la forte tramontana, tremolano se sono appena agitate da una brezza; la fiamma della candela naturalmente tremola, ma trema quando apriamo la finestra; il nonno ci accarezza con la mano che tremola, ma la sua mano trema quando la carezza è per il nipote appena nato.
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(Dante, Purgatorio I, vv. 13-18 e 115-120)
Dolce colore d’oriental zaffiro […]
agli occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io uscii fuor de l’aria morta
che m’avea contristati gli occhi e il petto.
[…]
L’alba vinceva l’ora mattutina
Che fuggia innanzi, sì che di lontano
Conobbi il tremolar de la marina.
Dopo la faticosissima arrampicata nel tunnel infernale, Dante può finalmente uscire all’aperto. All’inizio vede solo il cielo, ed è come se lo scoprisse per la prima volta: un azzurro purissimo ed intenso, pieno di stelle. Poi, mentre Dante e Virgilio dialogano con Catone, l’alba «vince» l’oscurità «mattutina» abbastanza da far intravedere il mare all’orizzonte.
Tutto il canto, quindi, è incastonato tra due infinità azzurre: il cielo e il mare. Esse ci suggeriscono immediatamente il dilatarsi dell’animo, in una ritrovata sensazione di libertà. L’inferno, infatti, è per eccellenza il luogo anti-umano, in cui l’uomo è nemico di se stesso; e per attraversarlo Dante ha dovuto più volte farsi violenza. Adesso invece è libero di rivolgersi al bene per cui è fatto. Il cammino innaturale dell’inferno si è (letteralmente) rovesciato.
Perciò nel tremolio del mare cogliamo una trepidante attesa, una speranza appena nata. Cielo e mare sono la culla in cui Dante rinasce a nuova vita, con la purezza di un fanciullo.
Ma in quel tremore sentiamo anche una segreta malinconia: la nostalgia dell’esule, che tornando intravvede da lontano la sua città. Dante non conosce il cammino da percorrere, eppure il suo cuore sente che sta tornando sulla «diritta via». Il mare, quindi, comunica la promessa di un ritorno, come in una splendida lirica di Montale: «Sempre che traudii / la tua dolce risacca sulle prode / sbigottimento mi prese / quale d’uno scemato di memoria / quando si risovviene del suo paese.»
Tra il palpitare delle stelle e il tremolare delle onde passa un messaggio misterioso, che apre la strada ad una profonda armonia tra gli uomini, il cosmo, e Dio. E qui sembra di sentire l’eco di un’altra poesia, stavolta pascoliana: «Ecco sospira l’acqua, alita il vento: / sul mare è apparso un bel ponte d’argento. / Ponte gettato su laghi sereni, / per chi dunque sei fatto, e dove meni?»