SignificatoTessuto spesso e grosso, annodato a mano o lavorato a macchina, usato per arredare, principalmente come copertura dei pavimenti
Etimologia attraverso il latino tapétum e il greco tápes, dalla radice persiana tap, col significato di ‘tessere’.
Nel museo dell’Hermitage di San Pietroburgo è conservato un manufatto considerato il tappeto annodato più antico mai pervenutoci. Si tratta del tappeto di Pazyryk, datato tra il V e il IV secolo a.C., che misura un metro e ottanta centimetri per due metri e reca dei disegni di alci rossi e cavalieri. La cosa stupefacente di questo tappeto è la brillantezza dei colori, tra cui spicca un rosso d’alizarina quasi accecante. Fu rivenuto nel 1929, dentro un blocco compatto di ghiaccio in una tomba, durante una spedizione archeologica nei pressi del confine tra Russia e Mongolia e, sebbene sia stato ritrovato nell’Asia più profonda, probabilmente la sua provenienza è, nemmeno a dirlo, persiana.
Un dettaglio del tappeto di Pazyryk.
I tappeti persiani sono i più famosi e i più pregiati. Sono diventati quasi proverbiali, perfino Snoopy ne ha nella sua cuccia! Questo perché l’arte dell’intreccio fu portata a vette di raffinatezza ineguagliata in Persia tra il 1500 e il 1700, e in Occidente tutti strepitavano per accaparrarsi i più preziosi manufatti di seta e lana, importati da Istanbul o da altri porti commerciali del Levante. Gli europei erano abbacinati dalle immagini misteriose e romantiche presentate loro dagli artisti della corrente orientalista, dalla letteratura esotica che andava diffondendosi fin dal Settecento grazie alla traduzione (e parziale integrazione) de Le mille e una notte ad opera del francese Galland. I tappeti erano un mezzo fisico per poter gustare, anche solo da lontano, quel sapore esotico, quel profumo misterioso d'ambra e oud che si poteva solo immaginare o sognare.
‘Tappeto’ è una parola dal suono pesante, che ci fa visualizzare lo sforzo che facevano i lacchè nello stendere il tappeto rosso sulle immense scalinate dei palazzi reali. Le due sillabe in cui domina il suono ‘t’ sono intervallate da un raddoppio della labiale p, che conferisce così alla parola tutto lo spessore materico di uno strato denso di nodi di lana e seta. Anche l’origine di questa parola è, ovviamente, orientale, e probabilmente persiana. Lo troviamo in latino come tapétum, e prima ancora nel greco tápes, ma andando ancora più indietro si arriva alla radice persiana tap, col significato di ‘tessere’ — che peraltro riconosciamo anche nel tāfta, ‘tessuto’, da cui il prezioso taffetà di seta.
Il tappeto è un oggetto che fa parte della vita quotidiana di molte società da tempo immemorabile. Serviva e serve a delimitare zone sacre da zone profane, a proteggere dalla sporcizia del suolo, a rappresentare lo status del padrone di casa, a rendere accogliente e gradevole l’arredamento, a fornire un luogo di gioco sicuro ai bebè, a pregare, a pulirsi le scarpe prima di entrare, a non scivolare quando usciamo dalla vasca da bagno, a fare da cuccia al fido cane… è una presenza talmente radicata nella nostra realtà che ne usiamo il nome anche in contesti metaforici senza nemmeno accorgercene.
Parliamo quindi del prezioso tappeto kilim che l’amica ha portato dal suo viaggio e di cui siamo gelose marce, ma anche del fitto tappeto di margherite primaverili che popola i ricordi della nostra infanzia in campagna, del folto tappeto di capelli neri che il bel coinquilino indiano cura con attenzione maniacale, dei tappeti rossi stesi ad ospiti di riguardo, dei colpi che mandano al tappeto, del tappeto musicale che arricchisce la registrazione dell’intervista o che dà un tocco all’atmosfera del ristorante. Strati spessi, funzioni simboliche, elementi discreti stesi sotto al resto. Ma per non farci mancare ancora un po’ di orientalismo, l’amico con la sua nuova macchina ci passa a prendere sotto casa invitandoci a salire sul suo tappeto volante.
Ovviamente esiste anche il verbo ‘tappezzare’, cioè alla lettera etimologica ‘ricoprire di tappeti’, che può essere usato letteralmente quando ammiriamo la sala del castello tappezzata di panneggi pregiati, o figuratamente, quando sospiriamo al pensiero della camera dell’adolescente, tappezzata di poster di dubbio gusto. Insomma, di tutta la tappezzeria, l’eponimo è il tappeto.
Nel museo dell’Hermitage di San Pietroburgo è conservato un manufatto considerato il tappeto annodato più antico mai pervenutoci. Si tratta del tappeto di Pazyryk, datato tra il V e il IV secolo a.C., che misura un metro e ottanta centimetri per due metri e reca dei disegni di alci rossi e cavalieri. La cosa stupefacente di questo tappeto è la brillantezza dei colori, tra cui spicca un rosso d’alizarina quasi accecante. Fu rivenuto nel 1929, dentro un blocco compatto di ghiaccio in una tomba, durante una spedizione archeologica nei pressi del confine tra Russia e Mongolia e, sebbene sia stato ritrovato nell’Asia più profonda, probabilmente la sua provenienza è, nemmeno a dirlo, persiana.
Un dettaglio del tappeto di Pazyryk.
I tappeti persiani sono i più famosi e i più pregiati. Sono diventati quasi proverbiali, perfino Snoopy ne ha nella sua cuccia! Questo perché l’arte dell’intreccio fu portata a vette di raffinatezza ineguagliata in Persia tra il 1500 e il 1700, e in Occidente tutti strepitavano per accaparrarsi i più preziosi manufatti di seta e lana, importati da Istanbul o da altri porti commerciali del Levante. Gli europei erano abbacinati dalle immagini misteriose e romantiche presentate loro dagli artisti della corrente orientalista, dalla letteratura esotica che andava diffondendosi fin dal Settecento grazie alla traduzione (e parziale integrazione) de Le mille e una notte ad opera del francese Galland. I tappeti erano un mezzo fisico per poter gustare, anche solo da lontano, quel sapore esotico, quel profumo misterioso d'ambra e oud che si poteva solo immaginare o sognare.
‘Tappeto’ è una parola dal suono pesante, che ci fa visualizzare lo sforzo che facevano i lacchè nello stendere il tappeto rosso sulle immense scalinate dei palazzi reali. Le due sillabe in cui domina il suono ‘t’ sono intervallate da un raddoppio della labiale p, che conferisce così alla parola tutto lo spessore materico di uno strato denso di nodi di lana e seta. Anche l’origine di questa parola è, ovviamente, orientale, e probabilmente persiana. Lo troviamo in latino come tapétum, e prima ancora nel greco tápes, ma andando ancora più indietro si arriva alla radice persiana tap, col significato di ‘tessere’ — che peraltro riconosciamo anche nel tāfta, ‘tessuto’, da cui il prezioso taffetà di seta.
Il tappeto è un oggetto che fa parte della vita quotidiana di molte società da tempo immemorabile. Serviva e serve a delimitare zone sacre da zone profane, a proteggere dalla sporcizia del suolo, a rappresentare lo status del padrone di casa, a rendere accogliente e gradevole l’arredamento, a fornire un luogo di gioco sicuro ai bebè, a pregare, a pulirsi le scarpe prima di entrare, a non scivolare quando usciamo dalla vasca da bagno, a fare da cuccia al fido cane… è una presenza talmente radicata nella nostra realtà che ne usiamo il nome anche in contesti metaforici senza nemmeno accorgercene.
Parliamo quindi del prezioso tappeto kilim che l’amica ha portato dal suo viaggio e di cui siamo gelose marce, ma anche del fitto tappeto di margherite primaverili che popola i ricordi della nostra infanzia in campagna, del folto tappeto di capelli neri che il bel coinquilino indiano cura con attenzione maniacale, dei tappeti rossi stesi ad ospiti di riguardo, dei colpi che mandano al tappeto, del tappeto musicale che arricchisce la registrazione dell’intervista o che dà un tocco all’atmosfera del ristorante. Strati spessi, funzioni simboliche, elementi discreti stesi sotto al resto. Ma per non farci mancare ancora un po’ di orientalismo, l’amico con la sua nuova macchina ci passa a prendere sotto casa invitandoci a salire sul suo tappeto volante.
Ovviamente esiste anche il verbo ‘tappezzare’, cioè alla lettera etimologica ‘ricoprire di tappeti’, che può essere usato letteralmente quando ammiriamo la sala del castello tappezzata di panneggi pregiati, o figuratamente, quando sospiriamo al pensiero della camera dell’adolescente, tappezzata di poster di dubbio gusto. Insomma, di tutta la tappezzeria, l’eponimo è il tappeto.