SignificatoAppartenente all’antica popolazione germanica dei Vandali; che distrugge e deturpa senza motivo, per istinto di violenza
Etimologia dal nome del popolo dei Vandali, proveniente dal centro dell’Europa, che invase l’Italia nel V secolo d.C.
Dopo secoli di guerre di frontiera, esasperate dalla pressione sull’Europa di popolazioni barbare provenienti dall’Asia e solleticate dall’opulenta debolezza della decadenza imperiale, i confini dell’Impero Romano d’Occidente caddero. Così interi popoli si riversarono nelle province sfasciate, popoli guerrieri, determinati a mietere ciò che si poteva mietere. Fra questi, i Vandali, che approfittando delle sanguinose guerre che impegnavano i loro maggiori rivali, cioè Visigoti, Ostrogoti e Impero d’Oriente, durante il V secolo d.C. dilagarono in Gallia prima, nella penisola iberica e in Africa poi. Discesero anche in Italia, giungendo a saccheggiare Roma nel 455. I vasti regni che crearono furono però effimeri: tramontarono in meno di un secolo.
In tanti, dai tempi della scuola, conservano il ricordo sbiadito dell’etimologia di questa parola, che associa la figura del barbaro a quella della persona che distrugge e rovina senza un motivo, mosso unicamente da un gusto perverso, da un istinto di violenza, da un’ignoranza cieca - e che oggi affolla le pagine di cronaca locale dei nostri giornali; ma spesso non si comprende l’intensità di questa associazione. Quella del Vandalo era una distruzione famelica, spinta dal terrore unno che premeva a Est e dalla primordiale necessità di espandersi e sopravvivere, una distruzione tanto bestiale da generare un’antonomasia, da restare immortalata nella tradizione - insieme al sentimento di impotente paura e frustrazione di chi quell’espansione la subì, vedendo i saccheggi e l’insensata rovina di tutto ciò che era grande e bello e di valore. Il Vandalo non sarebbe giunto a noi se fosse stato l’imbrattatore di statue; il Vandalo è arrivato fino a noi perché era il Lupo Cattivo, il Cavaliere dell’Apocalisse. Oggi il vandalo è lo spiacevole, ingiustificabile e biasimato imbrattatore e danneggiatore di statue, palazzi, parchi e cartelli stradali perché dopo quindici secoli, in questa parola, il rumore della distruzione che faceva tremare la terra e il cielo ci arriva come un’eco lontana.
Va detto, però, che probabilmente l’inclinazione alla distruzione dei Vandali fu ingigantita dai vertici dello status quo romano a fini politici; il diavolo non è brutto come lo si dipinge.
Dopo secoli di guerre di frontiera, esasperate dalla pressione sull’Europa di popolazioni barbare provenienti dall’Asia e solleticate dall’opulenta debolezza della decadenza imperiale, i confini dell’Impero Romano d’Occidente caddero. Così interi popoli si riversarono nelle province sfasciate, popoli guerrieri, determinati a mietere ciò che si poteva mietere. Fra questi, i Vandali, che approfittando delle sanguinose guerre che impegnavano i loro maggiori rivali, cioè Visigoti, Ostrogoti e Impero d’Oriente, durante il V secolo d.C. dilagarono in Gallia prima, nella penisola iberica e in Africa poi. Discesero anche in Italia, giungendo a saccheggiare Roma nel 455. I vasti regni che crearono furono però effimeri: tramontarono in meno di un secolo.
In tanti, dai tempi della scuola, conservano il ricordo sbiadito dell’etimologia di questa parola, che associa la figura del barbaro a quella della persona che distrugge e rovina senza un motivo, mosso unicamente da un gusto perverso, da un istinto di violenza, da un’ignoranza cieca - e che oggi affolla le pagine di cronaca locale dei nostri giornali; ma spesso non si comprende l’intensità di questa associazione. Quella del Vandalo era una distruzione famelica, spinta dal terrore unno che premeva a Est e dalla primordiale necessità di espandersi e sopravvivere, una distruzione tanto bestiale da generare un’antonomasia, da restare immortalata nella tradizione - insieme al sentimento di impotente paura e frustrazione di chi quell’espansione la subì, vedendo i saccheggi e l’insensata rovina di tutto ciò che era grande e bello e di valore. Il Vandalo non sarebbe giunto a noi se fosse stato l’imbrattatore di statue; il Vandalo è arrivato fino a noi perché era il Lupo Cattivo, il Cavaliere dell’Apocalisse. Oggi il vandalo è lo spiacevole, ingiustificabile e biasimato imbrattatore e danneggiatore di statue, palazzi, parchi e cartelli stradali perché dopo quindici secoli, in questa parola, il rumore della distruzione che faceva tremare la terra e il cielo ci arriva come un’eco lontana.
Va detto, però, che probabilmente l’inclinazione alla distruzione dei Vandali fu ingigantita dai vertici dello status quo romano a fini politici; il diavolo non è brutto come lo si dipinge.