Farcire

far-cì-re (io far-cì-sco)

Significato Imbottire con un ripieno, specialmente detto di vivande; riempire

Etimologia dal francese farcir, che è dal latino farcire ‘conficcare, riempire, farcire, rimpinzare’.

Scoprire che, pur attraverso percorsi non immediati, una parola che usiamo come strumento quotidiano era usata in latino alla stessa maniera dà un piacevole senso di continuità coi propri avi, che in questo caso ha un gusto culinario.

Va detto: in latino ‘farcire’ aveva significati più ampi del farcire italiano. Era innanzitutto un introdurre, un conficcare, quindi un riempire, e solo riguardo alle vivande prendeva il significato che ci è meglio noto. In italiano l’equilibrio si ribalta: il farcire culinario diventa il centro, e ha usi figurati satelliti. Peraltro giunge a noi nel Settecento dopo essere stato a lungo conservato in francese (farcir è attestato nel XII secolo), secondo alcuni attraverso una mediazione piemontese.

Abbiamo quindi un verbo che significa imbottire un cibo con un ripieno; e l’imbottitura del farcire non va solo a riempire il vuoto di una cavità (come quella lasciata dal nocciolo nelle olive farcite alla messinese), potendo anche imporre uno spessore aggiunto (come nei panini farciti che quasi non entrano più in bocca, o nelle torte farcite che torreggiano). Con una suggestione che sa ancora del generale significato latino, quindi, il farcire non è solo un riempire, perché s’infila anche in ciò che non è vuoto, ritornando ad essere l’ancestrale conficcare: la forza con cui si caccia l’ultima fetta di provola nella schiacciata richiama quella del boscaiolo che spacca la legna col cuneo.

Questo grande imbottire si fa facilmente figurato - e qui si corrono dei rischi. Perché spesso il farcire viene usato come sinonimo di ‘disseminare’: ma se parliamo di un discorso farcito o infarcito di volgarità o di riferimenti dotti non stiamo evocando un costellare aereo, un disseminare aperto, ma stiamo figurando un discorso come un bignè che si squarcia da quanto ripieno ha, di volgarità o di dottrina. È una parola intensa, vicina all’inzeppare (anche se la zeppa è un riempitivo insignificante), all’impinzare (etimologicamente simile visto che verte sul conficcare); ma la sua cifra unica è che pone un grande accento sul ripieno, sulla farcia o farcitura, il vero valore aggiunto della ricetta e del verbo. Insomma, del racconto farcito di battute la parte che pregustiamo sono le battute.

Parola pubblicata il 02 Gennaio 2019