Castigamatti

ca-sti-ga-màt-ti

Significato Strumento che punisce con efficacia e rimette in riga, specie un bastone; persona che con dura autorità sa piegare all’obbedienza

Etimologia composto dall’imperativo di castigare e da matto.

Nel leggere i significati di questa parola sorgono delle perplessità. Il riferimento ai matti è evidente, quindi il fatto che moltissimi dizionari, anche di pregio indiscusso, affermino che in primis si tratta del bastone che veniva usato nei manicomi per domare (castigare) con la violenza i pazzi furiosi non stupisce. Ma invece dovrebbe, e per un motivo molto semplice.

Questo termine è attestato all’inizio del Cinquecento. Ai tempi i manicomi non esistevano. E non sarebbero esistiti ancora per secoli. Pur nella difficoltà di scegliere un punto d’inizio per la storia dei ricoveri (variamente intesi) per malati di mente, si può affermare con prudenza ma pacificamente che il discorso su simili strutture non si diffonda prima dell’Illuminismo — fra XVIII e XIX secolo. prima di allora il matto incontenibile confluiva pianamente nella categoria dei criminali, da cui non c’era motivo stringente di distinguerlo, nemmeno nel trattamento.

Andando a leggere le attestazioni di questo termine nella nostra letteratura fino all’Ottocento (paiono piuttosto sporadiche, a dire il vero), si intende che il castigamatti era inteso in senso molto più generale come bastone o frusta, punizione in genere o perfino persona capace di ricondurre qualcuno all’obbedienza, al dovere, al senno — se non con la violenza, almeno con un grande, minaccioso polso, una grande, dura efficacia. Questo dicono o adombrano i più importanti dizionari di compilazione ottocentesca.

Qui, allora, il matto che viene castigato non è tanto la persona affetta da disturbi psichiatrici che ci figuriamo noi; più probabilmente è il balzano, l’irrazionale con dei connotati di sconsideratezza forsennata (quella dell’idea matta, del matto di rabbia). Il punto di vista è quello dell’autorità che vuole ridurre all’ordine i turbolenti e i riottosi secondo il proprio metro di senno.

Che poi, nel tardo Ottocento, qualcuno abbia colto questa vecchia parola per dare un nome al randello con cui si sfogava sulle ultime persone del mondo, non si può escludere. Ma un uso del genere (se c’è stato) è perverso e strozza l’ampiezza precedente. Questo uso, se c’è stato, è un uso particolare del significato generale di ‘strumento o persona che riconduce al senno’; e non è vero, come spesso si legge, che questo sia un’estensione di significato che parte dal bastone da manicomio. Peraltro è curioso ipotizzare che abbia specificità tali da richiedere un nome preciso: come dovrebbe mai esser fatto questo castigamatti?

Si dice quindi castigamatti lo strumento che punisce con efficacia e rimette in riga (come un bastone che punisce gli intemperanti), così come la persona che con autorità dura e minacciosa sa piegare all’obbedienza. Si può parlare della castigamatti del museo che col solo sguardo spenge tutte le turbolenze dei visitatori; della nonna meno simpatica che usava il mestolo come castigamatti quando le aprivamo di nascosto i barattoli di carciofi sottolio; di come la fame agisca da castigamatti smorzando la lite nella ricerca di cibo; del castigamatti che con severa autorità riesce a evitare la rissa; di come i colleghi davanti alla situazione sfuggita di mano, con clienti in rivolta, deleghino a noi il ruolo di castigamatti; e meno male, adesso arriva il castigamatti!

Una parola efficace, colorita, autoritaria e meno cupa di quanto le anacronistiche suggestioni delle violenze manicomiali determinerebbero.

Parola pubblicata il 24 Novembre 2019