Matita

ma-tì-ta

Significato Strumento per scriver, disegnare, colorare, composto da una mina racchiusa in un involucro, specie di legno; oggetto analogo usato in medicina o cosmesi

Etimologia dal latino haematites ‘ematite’, aggettivo riferito a lapis ‘pietra’, dal greco haimatítes líthos ‘pietra sanguigna’, derivato di haîma ‘sangue’.

  • «Mi si è spuntata la matita.»

Sappiamo che i nomi sanno sopravvivere all’oggetto che erano nati per indicare: si reinventano. Ma come può essere che un nome sia più antico dell’oggetto che descrive, che lo preceda? Come vedremo, sono due facce della stessa medaglia. Peraltro, due facce che ci parlano ancora della meravigliosa continuità delle parole come strumenti, le cui anime di significato trasmigrano di tempo in tempo.

La matita è uno strumento diffusissimo ma realizzarla è tutt’altro che banale. Si tratta di una mina, un sottile cilindro di grafite, racchiusa in un involucro solitamente di legno — la cui produzione industriale è iniziata in epoca napoleonica, ma qui potete vedere come vengono prodotte oggi. Il punto bizzarro è che ‘matita’ deriva da ‘ematite’.

L’ematite è un ossido di ferro di colore rossastro, specie quando è ridotto in polvere. Un rossastro rugginoso che ricorda molto quello del sangue rappreso, tant’è che il greco haimaitítes (prestato al latino come haematites) significa ‘del color del sangue, sanguigno’ (hâima è ‘sangue’). Sottinteso, líthos ‘pietra’, o lapis in latino. Questo minerale color del sangue si trova in cristalli e in varietà terrose, in argille ferruginose, e ha avuto un successo formidabile come pigmento, nel campo dell’arte, praticamente da sempre — da quando l’arte era impronte di mani in fondo a una grotta. Ma se pensiamo al Rinascimento, è probabile che ci vengano in mente disegni caratteristici, di una celebrità che diventa tipicità, tracciati proprio in un rosso particolare, con la sanguigna — materia-strumento che, usata in bastoncini o posta in punta a cannucce, deve il suo colore proprio all’ematite.

Ho scelto un esempio poco famoso di sanguigna su carta per dare un’impressione di ricercatezza, e poi è tutto sciupato, così fa ancora più impressione. Autoritratto di Leonardo Da Vinci.

Ora, anche se la centralità dell’ematite come componente delle matite è venuta radicalmente meno (almeno nell’uso profano, nelle belle arti è ancora usatissima), il riconoscimento d’eccellenza che questo materiale si è guadagnato sul campo bianco delle opere d’arte ne ha conservato il nome nell’intero genere di strumento che, in senso lato, scrive-con-la-pietra. Perfino facendoci sorvolare sul fatto che la matita per eccellenza è via via mutata fino a diventare quella grigia, con la mina di grafite (a partire dalla scoperta di giacimenti adatti nella seconda metà del Cinquecento in Inghilterra), e che quindi di sanguigno non ha più nulla.

D’altro canto, vale la pena di notare che il nome completo del lapis haematites ha finito per tramandare in parallelo quasi col medesimo significato non solo la matita, ma anche il lapis — che ha avuto alterne fortune. Ad esempio ancora oggi è usatissimo in Toscana, specie per indicare in particolare la matita di grafite.

Così una parola enormemente precedente, che ha indicato per un lunghissimo tratto di storia una materia-strumento, ha trasferito il suo nome a uno strumento nuovo — che ha dimenticato i suoi sanguigni trascorsi millenari, anche se ancora li echeggia. Però non ha dimenticato la sua vena artistica: quando diciamo per metonimia che una persona è una splendida matita, parliamo di una persona che è brava a disegnare, e che specie spicca come artista della vignetta.

Parola pubblicata il 16 Novembre 2023