Seme

Ignazio Silone, le parole

sé-me

Significato Corpo riproduttivo da cui origina il nuovo organismo vegetale; sperma; ascendenza, discendenza; origine, causa

Etimologia dal latino semen ‘seme’, dalla radice indoeuropea se- ‘pianare, seminare’.

  • «Ecco il seme della discordia.»

Per quanto paiano centrali, certe parole si ritrovano isolate.
Il latino aveva due verbi omonimi, entrambi sèrere, che però non erano parenti. Il primo e più famoso è un intrecciare, un mettere in ordine, che di termini derivati ne ha molti e importanti — dall’asserire al sermone, dal dissertare al conserto, dal serto alla serie. Il secondo è un ‘seminare’, e oltre a ‘seme’ ha solo qualche discendente poco evidente: ad esempio ‘insito’, che racconta in origine un innesto, e forse anche ‘deserto’, che potrebbe essere propriamente il non seminato.

Così il seme, senza parenti né sinonimi prossimi, si ritrova a sviluppare una continuità di significati in analogie e metafore più strette o più poetiche. Da corpo riproduttivo che viene disperso o si pianta, e da cui origina il nuovo organismo vegetale, passa allo sperma maschile; dal riferimento umano passa sia all’ascendenza sia alla discendenza — seme l’antenato, seme la progenie. Si manifesta come origine in potenza, come principio ordinato a uno sviluppo, e perciò si fa causa — in maniera non troppo lontana dalla radice, ma con un tratto meno ramificato e complesso, più puntuale, discreto, germinale, come quando piantiamo semi di discordia o di speranza.

Una suggestione molto profonda, quella del seme quale principio distinto — che però ha anche esiti terragni. Cuori, quadri, fiori, picche.


Durante lunghe ore d’immobilità ho avuto davanti ai miei occhi, come unico orizzonte, quel pezzo di terra. […] Tutta la mia anima si raccolse d’un tratto attorno a quel piccolo seme. Quanto mi disperai allora di non sapere esattamente che cosa convenisse fare per aiutarlo meglio a vivere. […] E sentivo la mia esistenza così labile, così esposta, così in pericolo, come quella del piccolo seme abbandonato sotto la neve; e nello stesso tempo, come la sua, la sentivo così naturale, così vivente, così importante, anzi la sentivo come la vita stessa; voglio dire non come un’immagine, non come una finzione […], ma come la vita stessa.

Il seme sotto la neve

Il seme è una metafora centrale nell’immaginario di Silone, protagonista del suo romanzo più programmatico, Il seme sotto la neve. Il titolo si deve soprattutto a un episodio, in cui il rivoluzionario Pietro Spina è costretto a nascondersi per mesi in una stalla semi-interrata, avendo come unico svago l’osservazione di un seme attraverso una finestrella.

Questo seme rappresenta il nucleo originario ed essenziale che Spina è costretto, avendo perso tutto il resto, a riscoprire. Da qui l’apparente assurdità del suo comportamento successivo: “Egli è stato sotto terra e ha visto il mondo dal di dentro […] perciò l'apparenza non l'inganna. Le cose che il mondo venera, egli vede che non valgono nulla […]; e quelle che il mondo deride, egli vede che sono le sole vere”.

In primo luogo Spina riscopre l’autenticità di sé, il seme del proprio destino, e da questo momento porrà il suo perseguimento sopra ogni cosa, tanto che sembrerà portare tra le mani “la propria anima nuda.” Più in generale poi il seme rappresenta il senso profondo delle cose, il nocciolo stesso della vita, che è fatto di dolore, di comunione e di speranza.

Anzitutto infatti Spina è colpito dalla fragilità del seme: lo immagina sofferente per la sete e per il gelo, come i poveri cafoni. Da qui un’inedita compassione per il dolore che accomuna tutti gli esseri, e ammirazione per la loro resistenza.

Nel seme, però, egli avverte anche l’unità vitale del mondo, che nasce da una medesima origine e si sostenta dello stesso nutrimento. Spina stesso racconta che, dovendo lui dissetarsi come il seme, con la stessa neve sporca di terra, gli sembrava che fossero veramente compagni, quasi fratelli allattati allo stesso seno.

Infine Spina avverte nel seme una potenzialità ancora inattuata, quasi una promessa utopica, che alimenta in lui una positiva inquietudine, un desiderio di prodigarsi. Del resto il seme stesso è un’immagine dell’auto-trascendimento, del sacrificio: il seme infatti deve morire perché possa nascere la pianta. Allo stesso modo Spina intuisce che il singolo può realizzarsi solo in un amore che lo trascende.

All’inquietudine si accompagna tuttavia anche un’attesa piena di fiducia. Il seme infatti è nascosto sotto la neve, invisibile agli occhi dei passanti. Diviene così un simbolo di tutto il bene che cresce nascostamente e nel quale appunto risiede la possibilità di sperare, anche contro ogni apparenza. Perché l’essere umano, ha scritto Silone, “non è solo quello che si vede.”

Parola pubblicata il 14 Aprile 2024

Ignazio Silone, le parole - con Lucia Masetti

Entriamo nell'opera di un autore, grande ma non altrettanto conosciuto, della nostra letteratura del secolo scorso: Ignazio Silone, a cui dedichiamo una settimana di pubblicazioni a tema.