Diverbio
di-vèr-bio
Significato Discussione animata, aspra
Etimologia voce dotta recuperata dal latino diverbium ‘dialogo teatrale’, derivato di verbum ‘parola, discorso’ con prefisso dis-.
Parola pubblicata il 07 Novembre 2024
di-vèr-bio
Significato Discussione animata, aspra
Etimologia voce dotta recuperata dal latino diverbium ‘dialogo teatrale’, derivato di verbum ‘parola, discorso’ con prefisso dis-.
Parola pubblicata il 07 Novembre 2024
Anche per questa cosa, per il conflitto che si apre fra due persone e che accende i toni, abbiamo un bel cesto di parole, molto specifiche e variegate. Andiamo dalle distinte e disciplinate altezze dell’alterco alle piccolezze familiari del battibecco, dalle occasionalità spicciole e ricorrenti del bisticcio fino alle ampiezze istituzionali della controversia — la discussione si distingue per neutralità fertile, la baruffa è rumorosa, confusa e già un po’ zuffa, mentre liti e litigi restano lo standard da bosco e da riviera. E il diverbio?
Ora, è difficile che il profilo di una parola pensata millenni fa si conservi intatto — spesso il tempo e l’uso lo erodono, o lo rifoggiano. Ma nel diverbio un tratto del significato originale si conserva in una maniera sorprendente, ed è uno dei casi in cui effettivamente l’etimologia ci permette di capire qualcosa in più su un nostro uso corrente.
Il diverbium, in latino, è la parte non musicata dell’opera teatrale, quella solo parlata. È il dialogo in scena. Come s’intende, è un significato molto asciutto, non è un momento di lite, è proprio solo un dialogo teatrale. In effetti, derivato di verbum ‘parola’, col prefisso separativo dis-, nasce letteralmente come calco del greco diálogos. Il che ci dà anche un’idea matura su come debbano essere, a teatro, i dialoghi che funzionano.
Per noi il diverbio è il litigio a parole, la discussione aspra — ed è illuminante concepirlo in una dimensione teatrale. L’intensità del diverbio, la sua drammaticità, si sposano sempre con una certa chiarezza — non è una mischia indistinta; e dopotutto a teatro anche i momenti più concitati, perfino le risse, sono azioni ben dipanate. Per quanto animato (e per quanto possa anche trascendere), il diverbio si conserva in un certo qual modo composto, scandito da battute. E certo, possiamo anche avere un diverbio in un luogo appartato, senza terze persone ad assistere, però una certa vocazione pubblica ce l’ha.
Possiamo affacciarci alla finestra sentendo un diverbio in strada; possiamo cercare di mettere pace quando fra due amici monta un diverbio; possiamo riportare le parole scambiate durante un diverbio nella seduta del consiglio.
Si sente come la dinamica sia subito trasparente: non un vocìo in strada, indistinto, non un contrasto fra amici, che può prendere cento forme, non una lite in consiglio, subito ingarbugliata. A dominare è la sua curiosa formalità — che non è quella burocratica della vertenza o istituzionale del dissidio, ma quella del dialogo inscenato, una rappresentazione immediatamente riconoscibile.
Sulla nostra tavolozza di parole, una sfumatura immediata e sofisticata insieme.