Trascendere
tra-scén-de-re
Significato Oltrepassare, superare; superare un limite, una condizione, anche travalicando la realtà sensibile; passare il limite della convenienza
Etimologia voce dotta recuperata dal latino transcèndere, derivato di scàndere ‘salire’ col prefisso trans- ‘oltre’.
- «Non le interessa più niente. Ha trasceso.»
Parola pubblicata il 18 Aprile 2024
È un verbo abbastanza famoso anche in quanto parolone. Ed è un parolone davvero, perché spiega la realtà di un ‘superamento’ che non ha pari. Il concetto che racconta ha una sua sottigliezza — non stiamo parlando di come si possa usare un osso come clava — ma è molto presente nel nostro orizzonte del mondo.
Salire oltre. Sì, c’è il primo sassolino etimologico nel fatto che il latino scàndere significa ‘salire’ e non ‘scendere’ — ‘scendere’ nasce per aferesi da ‘discendere’, e il latino descendere è alla lettera un ‘salire in giù’. Invece il fatto che il prefisso ‘trans-’ sia un ‘attraverso’ e quindi un ‘oltre’ è un’informazione liscia. Ma è proprio questo prefisso a poterci collocare il trascendere in un dove speciale.
Beninteso: il trascendere può essere un mero superarone — o per dirla con parole che esistono può essere un ‘superare’ particolarmente grande, alto, significativo, solenne. Può riuscirmi un sugo che trascende qualunque sugo io abbia fatto in precedenza. Il risultato di una partita può trascendere ogni immaginazione. Puoi avere un interesse che trascende le comuni discipline. Posso riuscire a trascendere le preoccupazioni della vita quotidiana col giardinaggio.
Quando diciamo che questa specie di ‘superare’ si presta a fini elevati, possiamo intendere anche i più elevati. Già Virgilio nella Commedia ci parla in una perifrasi di «Colui lo cui saver [sapere] tutto trascende» — non è mica il profilo di un più sapiente, di un primo arrivato: è oltre. Il trascendere sa sorpassare la realtà sensibile, le possibilità, i limiti del nostro reale. Una realizzazione mistica non è comunicabile perché trascende il linguaggio; il personaggio mosso da un’indomabile hybris tenta di trascendere i limiti dell’essere umano; una bellezza può trascendere ogni canone e ogni descrizione.
Per questo il verbo ‘trascendere’ è tanto centrale. È paradossalmente centrale perché è una parola di confine, una parola che sa arrivare al confine postremo della mente e dell’esistenza. Sa arrivare, dico — non lo fa sempre. Può anche vestirsi sempre elegante ma con panni più quotidiani, e parlare di un superare o meno di limiti di convivenza, convenienza, equilibrio. Ti riprendo con fermezza ma senza trascendere; con quell’ingiuria ho trasceso; mentre fuori dal bar la lite è trascesa in manate.
Molto versatile, per essere un’estrema risorsa del pensiero. (Ed è curiosa, ma ne avevamo già parlato, la differenza fra il trascendente, participio presente di questo ‘trascendere’, e il trascendentale.)