Hybris

hŷ-bris

Significato A partire dalla cultura dell’antica Grecia, superbia orgogliosa che porta alla violazione del limite e dell’ordine, specie celeste

Etimologia voce dotta recuperata dal greco hýbris ‘violenza, oltraggio’, di etimo oscuro.

  • «È un personaggio che pecca di hybris.»

Anche qui le parole fanno capannello: evidentemente si considera molto importante indicare la gente che si crede chissà chi, con tutte le sfumature della specifica presunzione del caso, e così abbiamo messo a punto una vasta batteria di sinonimi per farlo. È un dato antropologico, prima che linguistico, che ci presenta la considerazione ancestrale di un tratto umano come rischio particolare.

Questa dimensione di pericolo ha un grande spazio nella favola e nella leggenda: quante storie edificanti raccontano di chi presunse troppo di sé, di chi volle troppo, di chi si credette superiore, finendo poi puntualmente malissimo? Ebbene, nel mito la questione prende un’importanza primaria — e soprattutto la cultura greca ci trasmette una sfumatura elevatissima e peculiare di questo sentimento, tanto che nemmeno si traduce. La hybris (che si pronuncia in modo simile a ùbris, con la ‘u’ prossima alla ‘ü’ tedesca).

In pratica non c’era peccato superiore all’oltraggio dell’hybris, nella cultura greca. Credere di potersi pareggiare alle divinità superiori, credere di poter trasgredire il loro comando, credere di poter sovvertire l’ordine costituito è un genere di superbia davvero sommo, inconfondibile con mera sbruffoneria e vanità, capace di portare a esseri umani e sovrumani disgrazie non solo funestissime, ma perfino perpetue o ereditarie.

Pensiamo alla sfida fra Apollo e Marsia, che pensò di essere più bravo del dio a suonare — e finì scuoiato. Pensiamo a Prometeo, che violò l’ordine di Zeus, rubò il fuoco e lo condivise con un’umanità prostrata — e finì incatenato sul Caucaso a farsi rodere il fegato dall’aquila olimpica. Pensiamo alla superbia naïf di Alcione e Ceice, che si chiamavano teneramente a vicenda ‘Zeus’ e ‘Era’ — la cui felicità viene inabissata. Pensiamo al tragediografo Eschilo, che ci parla della hybris di Laio, il quale si unisce a Giocasta a dispetto dell’oracolo, innescando una catena di maledizioni che seguiterà dal Laio all’Edipo (per quel che ne sappiamo, visto che sono perdute) ai Sette contro Tebe. Ma pensiamo anche all’Ulisse di Dante, che spernacchia il non plus ultra delle colonne d’Ercole e si lancia all’esplorazione coi suoi sodali («[...] non vogliate negar l’esperïenza, / di retro al sol, del mondo sanza gente. / Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza.») — e viene affondato con tutta la nave e la ciurma.

Tutta la superbia è un problema di limite. In realtà praticamente ogni comportamento che concepiamo come ‘peccato’, secondo paradigmi diversi, è un problema di limite, il peccato è una trasgressione — tant’è che a ben vedere Dante nell’Inferno non individua nemmeno una categoria a sé di superbi, solo nel Purgatorio c’è (per quanto in fondo all’Inferno agiti vanamente le ali un ex-Lucifero, che è il superbo per eccellenza). La hybris, proprio in una dimensione che anacronisticamente possiamo considerare come peccato, coglie una misura di tracotanza, che è presunzione di potere, così elevata da fronteggiare direttamente l’ordine superiore, suscitandone la tremenda vendetta.

Fuor di antichità greche possiamo parlare della hybris di un pensiero razionale che invano tenta d’inquadrare un’esperienza trascendente, precipitando in un baratro d’incomprensione; della hybris di chi vuole prolungare indefinitamente la propria vita, rifiutando la propria obsolescenza e finendo condannato a parodiare la vita; della hybris di uno sviluppo che si pretende infinito, e che si infligge da sé la catastrofe.

Rispetto alla normalità di superbia e presunzione, la hybris richiede una prospettiva molto alta. Non siamo davanti a comportamenti boriosetti: siamo nel blasfemo. La sua forma greca non adattata, in questo, ci aiuta molto a distinguere la levatura del concetto e a echeggiare le grandi tracotanze della letteratura antica, quelle mitiche — vera misura dell’hybris anche per i nostri usi.

Parola pubblicata il 11 Novembre 2023