Prometeico

pro-me-tè-i-co

Significato Di Prometeo; che esprime una ribellione, una sfida a forze o autorità superiori, anche votata al fallimento

Etimologia dal nome di Prometeo, titano del mito classico.

Il mito vive su due binari molto diversi: da un lato i riferimenti mitologici hanno dei tratti aulici, statuari, marmorei, di cultura elevatissima, e afferiscono a grandi bacini letterari; dall’altro consiste di narrazioni a cui ancora oggi viene esposta la prima gioventù e che variamente ci accompagnano per tutta la vita, con una forte risonanza popolare: gli elementi del mito diventati proverbiali non si contano.

Così davanti all’aggettivo ‘prometeico’ si può avere l’impressione di trovarsi davanti a un’alta parola letteraria — e diciamo che certo nell’alta letteratura non sfigura — ma si può anche avere una certa fiducia sulla sua accessibilità comune. In palio c’è un significato estremamente interessante e penetrante. Dopotutto, Prometeo è una figura del mito estremamente pop.

Ora, di vicende del mito in cui ha un ruolo Prometeo ce ne sono a bizzeffe, quindi è essenziale cercarne i tratti fondanti, quelli rimasti nell’immaginario comune (selezionati, sfrondati, semplificati).
Prometeo è un titano, ha una natura sovrumana; però, rispetto al resto della congerie titanica, è amico degli umani — anzi a sentire certe fonti pare li abbia creati lui, impasto e foggia, con le relative qualità, e che li abbia poi lungamente istruiti.
Si racconta che le divinità avessero un rapporto ambiguo con queste creature mortali, rispetto a cui erano superiori ma di cui temevano, in una certa misura, il potere. L’umanità, priva (o privata, secondo certe narrazioni) del fuoco, grandissimo strumento di potere, se la passava proprio male; così Prometeo lo rubò — forse prendendolo dal carro di Elio il sole, forse dalle fucine di Efesto — e contro il volere di Zeus gliene fece dono.
Ebbene, Zeus non prese bene l’affronto di Prometeo, ribelle per pietà e giustizia. Anzi prese provvedimenti reprensivi di proporzioni terrificanti, fra cui l’inflizione all’umanità tutta di tutti i mali della natura, dalla malattia alla vecchiaia, dalla sofferenza alla fatica (con l’inganno del vaso di Pandora, in cui questi mali furono nascosti al fine d’essere sguinzagliati sulla terra). A Prometeo toccò una pena sadica, incatenato su un alto scheggione di una cima del Caucaso, con un’aquila gioviale a beccargli il fegato — pena che durò finché Eracle non vi pose fine, abbattendo il pennuto e liberando il titano.

Prometeo non ha speranza, contro Zeus: l’autorità e la potenza del dio sono troppo superiori. Ciò nonostante, anche se votato al fallimento, lo sfida. E lo sfida per il bene, per un senso di giustizia, di pietà — o magari per una vocazione di libertà e disubbidienza: nella goccia di significato del prometeico, distillata da tutta l’esperienza mitica del personaggio, c’è un atteggiamento, più che una psicologia completa. In maniera laconica, ci racconta la qualità di chi o di ciò che sfida un potere superiore — autorità o caso, forza della natura o sociale che sia — noncurante della propria minorità ontologica. Un carattere di slancio eroico di liberazione. Naturalmente, vista la gravità della materia, sono da calcolare rischi e possibilità: la forza espressiva è grande, l’esagerazione retorica è a un passo, l’uso ironico è a portata di mano.

Possiamo parlare dello sforzo prometeico con cui una società si è liberata dal giogo di gerarchie religiose e militari; possiamo parlare dell’ideale prometeico alla base di un progetto imprenditoriale insieme di successo e delirante; e possiamo parlare della ribellione prometeica del nonno verso la prescrizione medica.

Parola alta e ricca, ma a buon mercato.

Parola pubblicata il 29 Dicembre 2021