Trascendentale
tra-scen-den-tà-le
Significato In generale, che supera, che trascende la realtà sensibile; nella filosofia successiva a Kant, che precede e ordina l’esperienza della realtà; straordinario, eccezionale, difficile
Etimologia voce dotta recuperata dal dal latino medievale trascendentalis, derivato di transcendere ‘oltrepassare, salire oltre’.
Parola pubblicata il 04 Aprile 2021
Alcune fra le parole più serie e difficili possono parere impervie, ma nascondono un divertimento delizioso. E per dimostrarlo, oggi vediamo una parola… trascendentale.
Scorrendo i significati di questo termine riportati su enciclopedie e dizionari è facile impantanarsi nelle varie accezioni che ha acquisito in filosofie differenti dell’ultimo millennio — buttarcisi dentro è disorientante.
Iniziando dal principio tutto è più semplice: ‘trascendentale’ è un prestito adattato dal latino trascendentalis, il quale deriva dal verbo transcendere, che è diventato il nostro ‘trascendere’. Ma che vuol dire ‘trascendere’?
Ora, se c’è un movimento che da insipienti associamo al trascendere è il salire verso l’alto. E allora perché non è un trasalire? Non si scende verso il basso? Si vede che siamo insipienti.
Alla base dello scendere c’è il verbo latino scàndere (verbo enorme, da cui vengono dallo ‘scandire’ alla ‘scala’, per dire) che indica fra l’alto un ‘salire’. ‘Scendere’ è un ‘discendere’ che ha perso parte del prefisso — il latino descendere è un bellissimo salire in giù. Quindi ciò che trascende sale. Ma non sale su un albero, su un campanile, sulla groppa del falco in volo: il suo è un salire oltre, in latino transcendere. E in che oltre sale? In un oltre al di fuori della realtà sensibile dell’esperienza. Quindi considerando ciò che trascende, cioè del trascendente, si può parlare di divinità trascendenti, di assoluti trascendenti, di realizzazioni trascendenti ottenute con la meditazione, di oltremondi trascendenti. Già non siamo sul viottolo di casa, ma col trascendentale le cose si complicano.
Anche se per secoli ‘trascendente’ e ‘trascendentale’ sono stati spesso usati come sinonimi (non solo in italiano), e ancora su molti dizionari hanno definizioni analoghe, il trascendentale, specie dopo Kant, ha preso un profilo diverso, praticamente opposto: il trascendentale è sì oltre l’esperienza, ma è un oltre che la precede. In altre parole, non è inarrivabile per un’esperienza che si sbraccia ad arrivare alla luna con la mano, ma piuttosto è ciò che sta prima dell’inizio dell’esperienza, e quindi investe il modo in cui gli esseri umani impostano l’esperienza della realtà. Se incappiamo in soggetti, schematismi, funzioni trascendentali, stiamo parlando di qualcosa che precede l’esperienza, e dentro a cui l’esperienza si organizza. Difficile? Il divertente è qui.
Questi usi filosofici sette-ottocenteschi hanno preparato un significato esteso del trascendentale: nel Novecento diventa anche l’eccezionale, lo straordinario e il difficile. Naturalmente non sono significati estesi a partire dall’uso filosofico: non c’è nulla di meno eccezionale dei meccanismi necessari e universali della mente che fa esperienza del mondo. È il termine stesso, con la sua nebulosa di significati spesso poco accessibili, a dare l’impressione dello straordinario e del difficile. Tanto da rendere questi significati i significati comuni del termine.
Così dico che senz’altro riuscirò a rifare la ricetta, non mi sembra ci siano procedure trascendentali, all’esame ho fatto una figuruccia anche se non mi hanno chiesto niente di trascendentale, mentre trovo trascendentale la tua capacità di andare a correre tutti i giorni. E si dicono trascendentali anche brani musicali che richiedono una capacità di esecuzione eccezionale — come gli Studi trascendentali di Liszt.
Una meravigliosa doppia vita per una parola che da un lato schiude grandi altezze per chi si azzardi, dall’altro ci può trovare ammirati e ridanciani ai piedi del monte.