Ripire
ri-pì-re (io ripìsco)
Significato Salire, arrampicarsi, inerpicarsi, salire su un pendìo ripido anche con l’aiuto delle mani
Etimologia dal latino rèpere ‘strisciare, insinuarsi, avanzare lentamente’.
Parola pubblicata il 12 Dicembre 2022
Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni
Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.
Quando si pensa allo strisciare, la prima immagine che viene in mente è senz’altro quella del movimento orizzontale e sinuoso che caratterizza i serpenti, un agile spostarsi in avanti senza l’uso degli arti. In un secondo momento potrebbe poi associarsi più genericamente anche ad altri animali oppure a persone, se si pensasse ad esempio all’allenamento dei militari.
Molto più difficilmente però accarezzerebbero la nostra mente immagini quali l’ascensione verticale degli arrampicatori o lo spedito inerpicarsi delle capre su ripidissime pareti verticali.
Eppure l’italiano ripìre, che indica l’arrampicarsi su una superficie così erta da poter persino necessitare del supporto delle mani, deriva proprio da un verbo latino che tra i suoi principali significati ha quello di “strisciare”. Si tratta di repere, con cui ad esempio Sallustio descrive il movimento delle lumache e Lucrezio quello di tutti quegli animali che, forti della loro agile sinuosità, riescono ad avanzare pressoché inudibili. Non è un caso che proprio questo verbo abbia dato i natali al sostantivo rettile.
Com’è avvenuto lo slittamento dal serpeggiare all’inerpicarsi non è del tutto chiaro, probabilmente passando attraverso i significati secondari del verbo. Oltre allo strisciare repere era infatti anche l’insinuarsi, vale a dire il penetrare in spazi ristretti, l’introdursi lentamente - sia di persone che di cose. Dev’essere proprio qui allora, nella lentezza, che va rintracciato il punto di unione tra questi significati, nell’idea di un avanzare lento, graduale, tutt’altro che frenetico.
Al sole di mezzogiorno, sulle pendici del monte Elicona, il vecchio Esiodo procede adagio in compagnia di un servo, sulle spalle il trofeo di bronzo appena vinto:
Così se lo immagina il “poeta delle piccole cose”, restituendoci il quadretto evocativo di questa salita onerosa del cantore divino che rientra alla sua Ascra, città natale, tornato vittorioso da una gara poetica.
Quest’uso pascoliano ci fa apprezzare particolarmente le qualità sintetiche di un verbo che non si limita a esprimere solamente l’azione ma riesce in certo modo a evocare anche lo spazio in cui essa si compie.
Nonostante tali doti, la voce ripìre non aveva però goduto di grande fortuna nel panorama linguistico italiano, tant’è che già all’epoca di Leopardi suonava come una voce inusitata, di cui il Vocabolario della Crusca mostrava solo un paio di esempi, entrambi in ambito storiografico:
Allora l’uso pascoliano di questa voce - che incontriamo anche in altri suoi componimenti - rispondeva piuttosto alla sua accurata ricerca lessicale che non a una consuetudine d’uso. Ma è proprio grazie a questo genere di recuperi che alcune antiche voci possono acquistare nuova vita e rientrare in circolo, offrendo al parlante curioso la preziosa opportunità di servirsi di una parola che, sola, sa dire proprio quella cosa lì.