SignificatoNella filosofia di Aristotele, unione di materia e forma, sostanza individuale concreta; unione
Etimologia dal greco sýnolon, neutro sostantivato di sýnolos ‘totale’, composto di sýn ‘insieme’ e hólos ‘tutto’.
Per pescare questa parola, una parola che sa offrirci un significato incisivo, profondo e che può calzare in tanti discorsi, dobbiamo buttare la lenza nello stagno di Aristotele: la vedremo abboccare.
È vero, Aristotele ha scritto un sacco di roba difficile, che mette seriamente alla prova l’intelligenza di chi vi si avvicini, e che anche oggi resta perlopiù circoscritta in un ambito specialistico; però una parte rilevante della sua filosofia — pietra su cui si è radicata una porzione centrale della nostra cultura di pensiero — è stata talmente tanto ridiscussa e digerita attraverso i secoli da risultare accessibile anche in ambiti più generalisti, se non addirittura proverbiale. Per fare due esempi, pensiamo alla portata della logica del sillogismo, o alla concezione della virtù etica come ‘giusto mezzo’ fra estremi.
Il sinolo, che nasce proprio nella filosofia di Aristotele, è uno speciale tipo di intero. Sýnolon diventa sostantivo a partire dall’aggettivo sýnolos ‘totale’, ed è composto di sýn ‘insieme’ e di hólos ‘tutto’. Bene, quindi? Eccoci al punto — la canna s’incurva.
Questo ‘tutto insieme’ significato dal sinolo si specifica nell’unione di materia e forma — una distinzione e un’unione paradigmatica, che sta alla base di tanti nostri ragionamenti spiccioli. Quante volte notiamo che una certa materia è buona, ma che non è valorizzata dalla forma, o la forma eccelsa di una materia umile? La materia può essere tante cose in potenza, ma è la forma che la slancia nell’atto.
Senti come tira, eh? Allora questo sinolo, raccontandoci l’unione di materia e forma, che cosa ci racconta che ci interessi? Indica una sostanza — non nel senso corrente del termine, ma nell’accezione di forma individuata nella materia, di soggetto, in un intero unitario e distinto di cui si può parlare, che si può categorizzare, a cui si possono dare attributi. Puoi separare la rotondità dal mappamondo? Puoi separare il gelato dalla pallina di gelato? Il sinolo non è un’unione stretta come tante altre, ma un’unione che crea una sostanza concreta individuale. Non è un intreccio di caratteri, non si rifà alla valanga di immagini e concetti che abbiamo riguardo a roba legata ad altra roba. La forma e la materia sono tutt’insieme una sostanza: tale è il grado con cui il sinolo significa un’unione — un’unione che determina un individualità. Presa.
Posso parlare di come lo stile di scrittura di un autore sia sinolo di lessico ricercato, sintassi spiazzante e alternanza fra concinnità e rotture; posso parlare di come una certa posizione sia sinolo di diritti e doveri; posso parlare di come la cucina della nonna emigrata fosse sinolo di tradizione pugliese e ingredienti aborigeni (indimenticabile il suo varano alla tarantina).
L’unione descritta dal sinolo non si crea per aggiunte successive di elementi accessori, non è tenuta insieme da serti, trame, chiavi di volta. Riguarda il modo in cui l’individualità si staglia contro il mondo. Il modo in cui lo fa nella complessità della sua costituzione, da cui niente può essere tolto senza farla cessare di essere quel che è.
Rendiamola allo stagno, ma questa parola è una vera potenza.
Per pescare questa parola, una parola che sa offrirci un significato incisivo, profondo e che può calzare in tanti discorsi, dobbiamo buttare la lenza nello stagno di Aristotele: la vedremo abboccare.
È vero, Aristotele ha scritto un sacco di roba difficile, che mette seriamente alla prova l’intelligenza di chi vi si avvicini, e che anche oggi resta perlopiù circoscritta in un ambito specialistico; però una parte rilevante della sua filosofia — pietra su cui si è radicata una porzione centrale della nostra cultura di pensiero — è stata talmente tanto ridiscussa e digerita attraverso i secoli da risultare accessibile anche in ambiti più generalisti, se non addirittura proverbiale. Per fare due esempi, pensiamo alla portata della logica del sillogismo, o alla concezione della virtù etica come ‘giusto mezzo’ fra estremi.
Il sinolo, che nasce proprio nella filosofia di Aristotele, è uno speciale tipo di intero. Sýnolon diventa sostantivo a partire dall’aggettivo sýnolos ‘totale’, ed è composto di sýn ‘insieme’ e di hólos ‘tutto’. Bene, quindi? Eccoci al punto — la canna s’incurva.
Questo ‘tutto insieme’ significato dal sinolo si specifica nell’unione di materia e forma — una distinzione e un’unione paradigmatica, che sta alla base di tanti nostri ragionamenti spiccioli. Quante volte notiamo che una certa materia è buona, ma che non è valorizzata dalla forma, o la forma eccelsa di una materia umile? La materia può essere tante cose in potenza, ma è la forma che la slancia nell’atto.
Senti come tira, eh? Allora questo sinolo, raccontandoci l’unione di materia e forma, che cosa ci racconta che ci interessi? Indica una sostanza — non nel senso corrente del termine, ma nell’accezione di forma individuata nella materia, di soggetto, in un intero unitario e distinto di cui si può parlare, che si può categorizzare, a cui si possono dare attributi. Puoi separare la rotondità dal mappamondo? Puoi separare il gelato dalla pallina di gelato? Il sinolo non è un’unione stretta come tante altre, ma un’unione che crea una sostanza concreta individuale. Non è un intreccio di caratteri, non si rifà alla valanga di immagini e concetti che abbiamo riguardo a roba legata ad altra roba. La forma e la materia sono tutt’insieme una sostanza: tale è il grado con cui il sinolo significa un’unione — un’unione che determina un individualità. Presa.
Posso parlare di come lo stile di scrittura di un autore sia sinolo di lessico ricercato, sintassi spiazzante e alternanza fra concinnità e rotture; posso parlare di come una certa posizione sia sinolo di diritti e doveri; posso parlare di come la cucina della nonna emigrata fosse sinolo di tradizione pugliese e ingredienti aborigeni (indimenticabile il suo varano alla tarantina).
L’unione descritta dal sinolo non si crea per aggiunte successive di elementi accessori, non è tenuta insieme da serti, trame, chiavi di volta. Riguarda il modo in cui l’individualità si staglia contro il mondo. Il modo in cui lo fa nella complessità della sua costituzione, da cui niente può essere tolto senza farla cessare di essere quel che è.
Rendiamola allo stagno, ma questa parola è una vera potenza.