Uopo

uò-po

Significato Bisogno, necessità

Etimologia dal latino opus ‘opera, lavoro’.

Sull’acquedotto, sul ponte, sulla basilica il tempo agisce erodendo, diroccando, coprendo — e conferendo una preziosità unica. Le parole non sono opere d’ingegneria e d’architettura, ma anch’esse, in maniera diversa a seconda del luogo semantico in cui sono sorte (più riparato, più esposto, più remoto, più frequentato) e delle vicende storiche contingenti che le hanno lambite, subiscono il tempo. Ad esempio, può accadere che un modo di dire sbrigativo, rustico, popolare proprio del lessico del lavoro sia levigato tanto da trovare posto, infine, solo nei discorsi più elevati.

Opus è un termine latino immenso — di un’immensità che in buona parte il nostro ‘opera’ conserva. Diciamo che è un ‘lavoro’, e di ‘lavoro’ ci parla la radice indoeuropea da cui scaturisce (che potremmo rendere in ipotesi come op-ni-) . Peraltro radice fertilissima, che in latino genera anche il fusto del termine omnis, ‘tutto’ — attraverso un significato di ‘abbondanza’, perché, intuizione antica di chi plasmava il mondo con le prime parole, dal lavoro procede abbondanza.

La locuzione opus est, si trova annotato su ogni dizionario di latino, ha il significato di è necessario, bisogna; ma per arrivare qui, dobbiamo coglierlo nella sua pragmatica originaria, un laconico ed eloquente «C’è un lavoro» — che intende «C’è un lavoro da fare». Quale infinità di volte sarà stato ripetuto, fuori e dentro casa, da nonni e nonne in una sequela di secoli? Quante volte, con altre parole e intenti uguali, lo diciamo noi?

L’esito è formidabile. L’opus, in questa veste, si tramuta lentamente, per via popolare, nell’uopo. Sembra un termine difficile perché adesso è poco consueto e non è ormai più usato fuori dalla sicurezza di alcune espressioni cristallizzate, ma l’uopo è banalmente la necessità, il bisogno, l’esigenza. Si poteva parlare dell’uopo di risorse e abilità per realizzare un manufatto, dell’uopo di un incitamento, o di una dismissione per uopo maggiore. Con lieve slittamento, molto pertinente e conseguente, l’uopo si fa anche utile, vantaggio — e quindi si può cercare l’uopo proprio, si può notare come una disposizione sia a uopo tuo piuttosto che mio.

Questo termine ha avuto la sua epoca d’oro fra la seconda metà del Settecento e la fine dell’Ottocento: oggi le uniche espressioni correnti che lo contemplino sono «all’uopo» e «è d’uopo», con variazioni sul tema. La prima è analoga ad un «per l’occasione» o «all’occorrenza»: possiamo dire come in una fase della ricetta si debba aggiungere l’ingrediente segreto all’uopo approntato, o parlare di come all’uopo ci sia un apparecchio di riserva. Quando invece diciamo che è d’uopo fare una precisazione preliminare, o che è d’uopo allungare il tavolo, o che (meno comune) fa uopo estendere l’intervento di sostegno a un’altra categoria, parliamo di qualcosa che pianamente è necessario.

Queste espressioni hanno un effetto di grande rilievo: non è tanto importante il loro significato concreto, pratico — anzi a volte sono del tutto superflue. Ad esempio, spesso è richiesto di compilare il modulo all’uopo predisposto — e che, dovrei compilarne un altro? o può darsi ed è rilevante che quello predisposto non fosse predisposto per questa esigenza?
L’uopo rileva primariamente come parola dotta, esercita la sua potenza ricercata con un registro aulico e letterario di tempi in cui la lingua italiana era solo ed esclusivamente aulica e letteraria — l’uopo, proprio l’uopo che è nato dai rimasticamenti di chi era alle prese con le incombenze della casa e del lavoro, è usato per impressionare.

Oppure, per scherzare. Il suo suono, grasso e scuro e insieme rospesco, ne accompagna la desuetudine verso la candidatura ideale alla facezia — o anche solo al sorriso premuroso ma distinto. Diremo alla collega che è d’uopo legga il nuovo libro di uno scrittore che amiamo, la stupirà, diremo agli amici che all’uopo possono farla sul prato, a bottiglia finita lo zio anticipa sempre l’uopo di stapparne un’altra, specie se la nonna ha iniziato a parlare di politica, e una telefonata urgente concordata all’uopo ci tira fuori per tempo dall’incontro insostenibile.

Parola pubblicata il 03 Maggio 2023