Belzebù

Parole semitiche

bel - ze - bù

Significato Nome di un dio del popolo dei Filistei, il cui culto era celebrato nella città di Ekron; nel secondo testamento è il nome dato al Principe dei Demoni; nella cultura popolare è un diavolo, o anche IL diavolo

Etimologia dall’ebraico Ba’al zĕbūb, nome con cui è riportata nella Bibbia una divinità filistea adorata a Ekron.

Con questa parola attraversiamo i secoli, sondiamo le paure e le corde più segrete e sporche che si tendono nel cuore dell’uomo, passiamo per un premio Nobel e sorvoliamo le tradizioni e le superstizioni che permeano le civiltà.

Ma partiamo da ciò che si sa sul dio che portava questo nome: era una divinità filistea, il cui culto si sviluppò particolarmente nella città di Ekron. Gli etimologisti non sono concordi sulla sua origine: c’è chi afferma che il nome fosse Ba’al zĕbūb, col significato di ‘Dio delle mosche’, con Ba’al che significa signore, padrone, di probabile derivazione accadica, e zĕbūb o z’bhubh, cioè mosca.

Alcuni si oppongono a una via etimologica così dritta, proponendo la possibilità che la versione data dalla Bibbia sia in realtà una sorta di ‘presa in giro’ del nome originario, che sarebbe invece Baʿal zĕbūl, in cui zĕbūl, da una radice semitica presente anche in accadico e in arabo formata dalle consonanti z-b-l, sta per principe o anche per colui che si eleva. Stando a quest’ultima ipotesi, dunque, Belzebù non significherebbe Dio delle mosche ma Principe Baal. E Baal in quanto nome lo conosciamo molto bene, poiché è presente in Annibale e anche in Asdrubale. Dobbiamo stupirci? Mica tanto: Annibale il Cartaginese, arcinemico di Roma, di chiamava così perché Cartagine era una città fondata da coloni fenici, popolo semitico anche detto dei cananei, vicini di casa dei filistei.

Tornando al dio Ba’al zĕbūb, va detto che non era visto di buon occhio dagli Israeliti, ovviamente. Lo dimostra benissimo un episodio biblico, narrato nel Libro dei Re, in cui il sovrano d’Israele Acazia manda degli emissari a interrogare l’oracolo di Ba’al zĕbūb a Ekron per sapere se e quando si rimetterà da una caduta dal tetto. Il profeta Elia incontra i messaggeri per strada e, quando viene a sapere il motivo del loro viaggio, non la prende tanto bene. Insomma, andare a rivolgersi a un altro dio…! Inaudito! Fa fare loro dietrofront e li manda a annunciare al re la ferale notizia della sua paralisi totale e permanente. Così impara.

Nel secondo testamento, complice un passo di Matteo in cui Gesù scaccia i demoni e viene frainteso dai benpensanti, Belzebù, o Beelzeboul, come viene chiamato nella traduzione dei Settanta, diventa il principe dei demoni, e quindi un altro nome per Satana, l’avversario, il Diavolo. Da lì la tradizione cristiana ha fatto fiorire una demonologia complessa, che ha permeato le tradizioni e le superstizioni europee nei secoli, fino a far diventare Belzebù anche lo spauracchio dei bambini che non vogliono comportarsi bene. Quando il carbone della Befana non basta si chiama Belzebù, insomma.

Belzebù è presente anche in un romanzo del Novecento, intitolato appunto ‘Il signore delle mosche’. In esso l’autore, William Golding, premio Nobel nel 1983, sostiene che il male sia insito nell’uomo per natura e che a esso non ci sia scampo. Il titolo del libro si ricollega a un momento della narrazione in cui una testa di maiale marcescente circondata da mosche ronzanti e traboccante di larve, mostruoso e terrificante totem, rivela in un’allucinazione convulsa a uno dei protagonisti che la malvagità è in tutti loro e che nessuno ha speranza di salvezza.
Davvero demoniaco.

Parola pubblicata il 24 Settembre 2021

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.