Canovaccio

ca-no-vàc-cio

Significato Tela grossa usata come strofinaccio; traccia schematica di una rappresentazione teatrale

Etimologia voce settentrionale, derivata da canapa; nel senso di traccia, è passato attraverso il francese canevas.

Un oggetto domestico molto umile dà il nome a un’entità artistica di cardinale importanza.

Il canovaccio, cioè la tela tessuta con la canapa, è per antonomasia lo strofinaccio usato in cucina, utile in cento modi - per asciugare, coprire, prendere qualcosa di caldo. Non è certo una pezza di seta: umile il materiale originario (diffusissimo, specie in passato - basti pensare che la regione del Canavese prende il suo nome proprio dalla coltivazione di canapa), umili gli usi. La grossa evidenza della trama di questo comune tessuto (oltre a invitare l’estensione semantica a quel tessuto a buchi regolari usato per il ricamo a punto croce), ha suggerito di usarne il nome per indicare direttamente, in senso figurato, proprio una trama narrativa.

Così il canovaccio, specie mercé l’uso che ne fu fatto nella Commedia dell’Arte, diventa l’articolazione di massima di uno spettacolo teatrale, che indica gli atti, le scene e le azioni che si susseguono - lasciando però i dialoghi e i particolari delle singole scene alla brillante e consumata improvvisazione degli attori. Oggi la Commedia dell’Arte è un genere teatrale che non ha più quella diffusione capillare di un tempo, ma, fra l’altro, ci lascia in popolare eredità questo termine, che oggi può essere usato per descrivere in genere qualunque traccia schematica o abbozzo di una narrazione o di un evento: dopo aver trovato il soggetto del cortometraggio se ne stende un primo canovaccio, si consulta il canovaccio della conferenza per sapere chi parlerà di che cosa, e il fumettista inizia subito a lavorare sul canovaccio della prossima opera.

Insomma, quando con un canovaccio mi tampono il dito affettato tagliando le melanzane, lo posso fare con una certa soddisfazione culturale.

Parola pubblicata il 09 Luglio 2016