Carato

ca-rà-to

Significato Unità di peso delle pietre preziose; indice di purezza delle leghe auree; in generale, un ventiquattresimo

Etimologia dall’arabo: qirat ventiquattresima parte di una moneta, il dirham, a sua volta dal greco keration carruba, i cui semi venivano usati per pesare preziosi - diminutivo di keras corno, per via della forma.

La cultura popolare attribuiva ai semi del carrubo la qualità di essere tutti identici: quindi quale migliore metro per pesare oggetti piccoli e preziosi, pietre e metalli? E, facendo una media, attualmente il peso del carato, nel sistema metrico decimale, è individuato in 0,2 grammi.

I carati aurei, invece si riferiscono in ventiquattresimi alla purezza dell’oro: un’oncia d’oro a diciotto carati contiene diciotto parti d’oro e sei parti di altri metalli - quello a ventiquattro è puro.

È incredibile che gli usi di questa parola, così diversi e consolidati, abbiano origine da passaggi che per noi oggi sono così inconcepibili: dal piccolo corno della carruba a moneta araba a ventiquattresimo per antonomasia - tanto che perfino gli armatori o gli investitori di capitali dividevano e compravano navi e titoli in carati intendendo ventiquattresimi dell’intero.

Ed oggi ponderare la caratura di un’idea, di una persona, di un’opera, resta il giudizio importante del suo concreto valore, meticoloso come quello del gioielliere.

Parola pubblicata il 16 Gennaio 2012