Ditirambo
di-ti-ràm-bo
Significato In musica, canto corale della lirica greca classica in onore di Dioniso, e denominazione recuperata in epoche moderne come riferimento d’ispirazione; in poesia, componimento che inneggia all’ebrezza e al vino; figuratamente, discorso di lode nei confronti di qualcuno, a volte con sfumatura ironica
Etimologia dal latino dithyrambus, dal greco dithýrambos, di origine ignota.
- «Al quinto bicchiere, iniziarono i ditirambi…»
Parola pubblicata il 06 Agosto 2023
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
La nostra cultura è profondamente permeata da quella classica, tanto che ancora oggi ne custodiamo molte vestigia e ne subiamo volentieri il fascino. Quest’eredità comprende tra i suoi molteplici e preziosi elementi anche il ditirambo.
Il termine rimanda infatti all’antico canto corale greco in onore di Dioniso e a uno degli epiteti con cui era invocato il dio. L’etimologia, ancora avvolta nel mistero, azzarda poche congetture: la parola potrebbe provenire da Oriente e avere origini precedenti alla cultura ellenica; avrebbe forse anche legami con uno dei piedi della metrica classica, il giambo.
Euripide faceva risalire l’appellativo di questa forma melica alla duplice gestazione di Dioniso «nato passando da “due porte”», che nelle Baccanti era invocato proprio con il nome Ditirambo. Il mito racconta infatti che Semele, figlia di Armonia, era amante del sommo Zeus. Si sa che le relazioni con gli dei sono sempre pericolose… lei commise l’errore di negargli il suo amore se lui non si fosse mostrato in tutto il suo fulgore, oppure – secondo altre fonti – credendolo mortale voleva semplicemente sapere chi fosse veramente. Il finale non cambia: Semele non resse alla vista e arse consumata dal fulmine divino. La poveretta aveva però già in grembo Dioniso. Per salvarlo, il padre lo tirò via dal rogo materno e se lo cucì nella coscia, da cui Dioniso nacque perciò una seconda volta. In quest’articolo di Chiara di Macco sono riportate sia l’ipotesi etimologica euripidea che altre due, anch’esse antiche. Una di queste associa il nome del dio, Ditirambo, alla trasformazione del termine luthirambos connesso al grido di Zeus quando si scucì la coscia per ‘partorire’ il pargolo.
Erodoto attribuì l’invenzione del ditirambo ad Arione citaredo, ma la prima attestazione proviene da un frammento del poeta Archiloco che affermava con orgoglio di essere in grado di intonare il ‘bel canto di Dioniso’, a patto che la sua mente fosse ‘folgorata’ dal vino.
Il ditirambo veniva celebrato, con fasti a dir poco esagerati, durante i concorsi come le Grandi Dionisie e affini. Costituiva a tutti gli effetti un maestoso spettacolo musicale, formato da cori danzanti, auleti e ricche scenografie. I versi erano intonati dal solista e dal coro in una forma dialogica che fu ritenuta il prodromo della tragedia.
Il presunto inventore, Arione, apportò notevoli modifiche al genere, come per esempio la disposizione del coro in cerchio. Il ditirambo continuò a mietere successi presso tutte le classi sociali, comprese quelle rurali che erano devotissime a Dioniso, poiché secondo la tradizione il dio presiedeva al ciclo vegetativo.
Lasciata la terra ellenica, il ditirambo mantenne solo i caratteri più appariscenti, ‘entusiastici’ e viscerali del modello originario, divenendo una forma poetica, in qualche caso espressiva del rapimento dello spirito, come nei versi del filosofo Friedrich Nietzsche, i Dionysos-Dithyramben. Nella poesia italiana lo adottarono Gabriello Chiabrera, il poliedrico Francesco Redi, sino a Gabriele D’Annunzio nell’Alcyone.
In musica denominò genericamente un componimento brillante e frenetico. Il termine fu ad esempio ripreso identico all’inizio del XIX secolo dall’influente musicista boemo Václav Tomášek, che compose Tre ditirambi (in italiano nel titolo) per pianoforte. L’anima romantica di Schubert nel 1824 produsse invece Dithyrambe, un appassionato lied su testo di Schiller.
Ma la citazione più celebre del ditirambo nell’opera lirica si trova nei versi di Boito per l’Otello di Verdi, dove il ditirambo diventa un brindisi: