Elucubrare

e-lu-cu-brà-re (io e-lù-cu-bro)

Significato Pensare, meditare intensamente; elaborare con cura un’opera d’ingegno

Etimologia voce dotta recuperata dal latino elucubrare ‘elaborare con cura, vegliando’, letteralmente ‘elaborare al lume della lucerna’, da lucubrare derivato di lucubrum ‘candela, lumicino’, derivato dalla radice di lux ‘luce’ — col prefisso e(x)- ‘fuori’.

  • «Sta elucubrando un piano d'azione.»

Ci sono fatiche d’ingegno che si mangiano la notte. Con poche differenze ci sono oggi e c’erano ieri, e c’erano una valanga di secoli fa.

Le differenze investono soprattutto gli ausili pratici a queste fatiche.
Oggi il buio serale è in via d’estinzione, ci basta un clic per estirparlo per tutto il tempo che ci occorre, grazie alle nostre lune elettriche — perfino il cielo è meno nero, e le stelle sbiadiscono. Troppa grazia. Un tempo — nemmeno così lontano — servivano delle lucerne, delle candele, dei lumicini, che in qualche modo sprigionassero qualche raggio nella tenebra universale fra i due crepuscoli. Per poter continuare a scrivere (e cioè a pensare per conto proprio), per poter continuare a dipingere, per poter continuare a fare anche quando il giorno chiude i battenti.

Sono momenti deserti, vasti e silenziosi, che richiedono poca luce per essere conquistati. La gente dell’antichità ha messo a punto un verbo per significare il lavoro d’ingegno che rosica questo spazio, questa specie unica di elaborazione, curata in una veglia letterale. L’elucubrare latino è precisamente un ‘elaborare al lume della lucerna’, in origine. E il fatto straordinario è che un’indicazione a prima vista così priva di dettagli mostra le sue implicazioni fini in maniera immediata.

Il meditare, il pensare di notte a un fioco lume ha tradotto la sua determinazione, esemplare e rapita nel flusso, in un pensare, in un meditare intensamente — la luce, il momento del giorno non importa più. È diventata anche un’azione di attenta elaborazione di un’opera d’ingegno (d’ingegno soprattutto, perché altre opere di fatiche più concrete, più materiali richiedono una luce che un tempo dava solo il sole, non si prestano a questi spazi).

Dopo il film formidabile possiamo passare la serata a elucubrare i suoi significati nascosti e le sue tattiche narrative, ci domandiamo che cosa elucubri la collega che cammina avanti e indietro nel corridoio, ed elucubriamo una soluzione per la nuova sistemazione della stanza. Inoltre diamo la risposta dopo lunghe elucubrazioni, e notiamo la bellezza di un verso meticolosamente elucubrato.

Naturalmente l’altezza del termine invita usi ironici: con questo suono così scuro, liquido e vibrante, può servire bene a rappresentare anche un lungo ponzare senza gran costrutto, magari confuso e cervellotico — come quando elucubriamo acrostici indolenti, procedure bizantine, idiozie.

Parola pubblicata il 28 Gennaio 2023