Faldistorio

fal-di-stò-rio

Significato Seggio vescovile liturgico, a forma di X, privo di spalliera fissa

Etimologia dal latino medievale faldistorium, che è dal francone faldistôl ‘sedia pieghevole’ (confrontabile con i termini del tedesco moderno falten ‘piegare’ e Stuhl ‘sedia’).

Qualche malizioso, davanti a una parola come ‘faldistorio’, potrà pensare «Ah. Molto interessante. Utile, soprattutto.» Non che non ci sia un fondo di verità in questa impressione, ma anche stavolta una parola improbabile si rivela un buco di serratura da cui sbirciare in profondità nella nostra storia e nella nostra cultura.

L’orgoglio clericale dell’italiano freme: com’è che usiamo una parola germanica per parlare delle seggiole dei vescovi? Non li avremo inventati noi, ma insomma. Dobbiamo però ricordare che stiamo parlando di un passato lontano. I Franchi erano un popolo germanico: dapprima foederati, cioè alleati dell’Impero Romano, coi Carolingi ne raccolsero l’eredità in Occidente. Parlavano una lingua non troppo distante dall’odierno olandese, dell’arcipelago dei dialetti franconi (del ceppo germanico occidentale), e abbracciarono presto e convintamente il cristianesimo cattolico.

Non c’è da stupirsi se il faldistorio, termine di origine francone, nel Medioevo a partire dalla Francia ha avuto una diffusione notevole in mezza Europa (troviamo il suo omologo in spagnolo e in provenzale, oltre che in italiano): oggi siamo abituati a pensare a una chiesa cattolica fortemente centralizzata col baricentro dalle nostre parti, ma ai tempi il potere di Roma non teneva insieme la comunità cattolica come un monolito; figuriamoci, non era nemmeno necessario quanto oggi che i vescovi fossero investiti dal papa, spesso erano direttamente nominati dai sovrani. Inoltre il papa aveva nei Franchi un alleato di importanza vitale, e di grande peso nella cristianità.

Un seggio vescovile, papale. Se pensiamo a come dev’essere un seggio per persone di grande importanza ci viene subito in mente il trono, una seduta alta, con alti braccioli, altissimo schienale, pesante, ornata riccamente. Il faldistorio è invece espressione di un tipo di seduta da potenti molto diverso e ben più antico. Una seduta agile, spesso priva di schienale fisso, pieghevole e portatile: nella sua forma più semplice consiste in una coppia di sostegni incrociati a X collegati per il perno centrale, con fra i bracci superiori tesa una seduta di cuoio rivestito di tessuto. Si tratta di una rivisitazione delle antiche selle curuli dei magistrati romani, sedute pieghevoli ornate d’avorio nate come sedute da carro, che venivano portate al loro seguito per far loro esercitare le proprie potestà dove avessero voluto — diventate simbolo di potere ai tempi degli antichi re Tarquini, che dal loro carro giudicavano.

Il faldistorio resta il seggio del vescovo durante la liturgia, e le estensioni di significato possibili sono irrilevanti. A dispetto dell’etimologia, difficilmente diremo che andiamo all’IKEA a comprare sei faldistorî per fare le cene in terrazzo d’estate, o «Butta in macchina i faldistorî, oggi picnic!», né il pescatore sta paziente sul faldistorio a guardare il galleggiante immobile. Anzi, il suo secolare successo sta probabilmente anche nella sua ricercata, seria precisione d’uso. Insomma, un nome difficile e poco spendibile ma amichevole, e con una bella storia da raccontare che parla di noi a un livello piuttosto profondo.

Parola pubblicata il 21 Ottobre 2019