Ingranare
in-gra-nà-re (io in-grà-no)
Significato Come intransitivo, detto di ingranaggi, essere accoppiati, ma anche prendere avvio, cominciare, iniziare a rendere; come transitivo, innestare una marcia, un ingranaggio
Etimologia dal francese engrener, originariamente ‘riempire la tramoggia di grano’.
Parola pubblicata il 01 Dicembre 2021
S’ingrana la marcia, la collaborazione ingrana, ieri non riuscivo a ingranare: na-tu-ral-men-te questo verbo ci proietta nel dinamismo futurista degli ingranaggi di una macchina in cui ruote dentate si allineano e trasmettono una potenza indomabile, col loro movimento aggressivo, l'insonnia febbrile… O no?
No. L’ingranare arriva anche a quello, ma all’inizio ci vuole raccontare altro. A testa bassa rimettiamoci in spalla il sacco di grano e seguiamo la nostra compagnia di zappaterra medievali.
Ingranare è un verbo antico, che ci porta davanti alla macina del mulino: sopra, vediamo la tramoggia (dal latino trimodia, ‘tre moggi’, a indicarne l’originaria capienza — ‘moggio’ è un’unità di misura per aridi, il modio romano era poco meno di nove litri): questo è un contenitore a tronco di piramide capovolto, aperto in basso, che permette di caricare il grano dall’alto e di farlo scendere in maniera misurata fra le macine.
La tramoggia va ingranata, cioè va caricata di grano. È così che nasce il francese engrener, che l’italiano prende in prestito come ‘ingranare’ già nel Duecento.
L’ingranare, alla sua origine, ci offre l’immagine di un caricare, e perciò di un cominciare fattivo, un disporre in modo che l’operazione possa partire. Ingranando, le macine — dalla loro immobilità, o dai loro giri a vuoto — possono iniziare a far presa, a mordere il grano che vi si incastra, a masticarlo in polvere. Un mordere che in maniera più domestica troviamo nell’azione dei macinacaffè, ma che incontriamo anche in quell’altro ingranare, che consiste nell’accoppiare ingranaggi (come quando ingraniamo la marcia): fanno presa gli uni sugli altri e trasmettono il movimento — un mordere peraltro terrificante, dente fra dente.
È da questa pianta d’immaginazione che fiorisce il nostro ingranare così industrioso, un prendere avvio, un rendere — colloquiale e laborioso — che ci vede nel pieno della scontentezza o della rassegnazione quando una storia non ingrana, quando ormai abbiamo ingranato bene e finiremo in giornata, quando gli affari ingranano. Di questo morso, di questo incastro pieno che compie un lavoro va ammirato il tratto poetico popolare: metafore susseguenti come queste sono cotte per secoli nell’atanor della lingua di popolo, da gesti compiuti, da momenti vissuti un’infinità di volte — sollevare il sacco, vuotarlo nella tramoggia e, in attesa della farina, guardare e sentire il grano che scende e viene macinato.