Ingranare

in-gra-nà-re (io in-grà-no)

Significato Come intransitivo, detto di ingranaggi, essere accoppiati, ma anche prendere avvio, cominciare, iniziare a rendere; come transitivo, innestare una marcia, un ingranaggio

Etimologia dal francese engrener, originariamente ‘riempire la tramoggia di grano’.

S’ingrana la marcia, la collaborazione ingrana, ieri non riuscivo a ingranare: na-tu-ral-men-te questo verbo ci proietta nel dinamismo futurista degli ingranaggi di una macchina in cui ruote dentate si allineano e trasmettono una potenza indomabile, col loro movimento aggressivo, l'insonnia febbrile… O no?

No. L’ingranare arriva anche a quello, ma all’inizio ci vuole raccontare altro. A testa bassa rimettiamoci in spalla il sacco di grano e seguiamo la nostra compagnia di zappaterra medievali.
Ingranare è un verbo antico, che ci porta davanti alla macina del mulino: sopra, vediamo la tramoggia (dal latino trimodia, ‘tre moggi’, a indicarne l’originaria capienza — ‘moggio’ è un’unità di misura per aridi, il modio romano era poco meno di nove litri): questo è un contenitore a tronco di piramide capovolto, aperto in basso, che permette di caricare il grano dall’alto e di farlo scendere in maniera misurata fra le macine.

La tramoggia va ingranata, cioè va caricata di grano. È così che nasce il francese engrener, che l’italiano prende in prestito come ‘ingranare’ già nel Duecento.
L’ingranare, alla sua origine, ci offre l’immagine di un caricare, e perciò di un cominciare fattivo, un disporre in modo che l’operazione possa partire. Ingranando, le macine — dalla loro immobilità, o dai loro giri a vuoto — possono iniziare a far presa, a mordere il grano che vi si incastra, a masticarlo in polvere. Un mordere che in maniera più domestica troviamo nell’azione dei macinacaffè, ma che incontriamo anche in quell’altro ingranare, che consiste nell’accoppiare ingranaggi (come quando ingraniamo la marcia): fanno presa gli uni sugli altri e trasmettono il movimento — un mordere peraltro terrificante, dente fra dente.

È da questa pianta d’immaginazione che fiorisce il nostro ingranare così industrioso, un prendere avvio, un rendere — colloquiale e laborioso — che ci vede nel pieno della scontentezza o della rassegnazione quando una storia non ingrana, quando ormai abbiamo ingranato bene e finiremo in giornata, quando gli affari ingranano. Di questo morso, di questo incastro pieno che compie un lavoro va ammirato il tratto poetico popolare: metafore susseguenti come queste sono cotte per secoli nell’atanor della lingua di popolo, da gesti compiuti, da momenti vissuti un’infinità di volte — sollevare il sacco, vuotarlo nella tramoggia e, in attesa della farina, guardare e sentire il grano che scende e viene macinato.

Parola pubblicata il 01 Dicembre 2021