Innervare

in-ner-và-re (io in-nèr-vo)

Significato Di nervi, diramarsi e connettersi in una certa parte del corpo; diramarsi; dare struttura e forza, vivificare

Etimologia derivato di nervo, che è dal latino nervus ‘tendine, muscolo, vigore’, con prefisso in-.

  • «È una suggestione che innerva tutta la visita al museo.»

La figura è immediata, e però nei significati rivela una complessità che da un lato è splendida ed efficace, dall’altro è piuttosto confusa — e il perché di questa confusione, per contro, è piuttosto semplice.

Che cosa sia un nervo noi lo sappiamo (più o meno, via) — una struttura che trasporta informazioni da o verso il sistema nervoso centrale. Ma il verbo ‘innervare’ è del Cinquecento: un periodo in cui la scienza medica era ancora agli albori, e l’anatomia era una disciplina fitta di mistero. Non solo ancora non era ben chiaro che cosa facessero i nervi (e quindi in effetti che cosa voglia davvero dire ‘innervare’), ma anche che cosa fosse nervo e che cosa no. Il nervus del latino medievale era almeno diventato anche un filamento, ma figuriamoci che cosa ci aveva tradizionalmente capito la lingua del popolo, la nostra.

Difatti tradizionalmente (già nel latino classico) si chiamano nervi i muscoli, i tendini — e poi troviamo nervature nelle foglie e nelle strutture alari degli insetti, e rampa l’idea che in generale il nervo sia la forza delle membra. Dopotutto, quando diciamo che alcuni elementi sono il nerbo della squadra (‘nerbo’ è variante di ‘nervo’) intendiamo che sono la sua parte più forte, non quella più nervosa, e da tipo nerboruto largheggio in muscoli, non in gangli. Questa premessa ci serve a capire i presupposti di come è che si comporta l’estensione figurata del termine ‘innervare’.

Certo, oggi si può sentire parlare in maniera appropriata di come sia innervata una regione del corpo (magari quando ci illustrano le conseguenti difficoltà nell’operazione chirurgica). Ma l’innervare è nel suo senso figurato più ampio un concetto vasto ed esatto: un animare che è precisamente un dar vigore, robustezza, consistenza. Parla di un ‘nervo’ che dà struttura e forza (nervatura e nerbo), e che così vivifica.

Posso parlare di un’ideologia condivisa che innerva il gruppo, di una concezione magica che innerva il romanzo, di una collezione di quadri che innerva gli ambienti di un palazzo. L’effetto di quest’uso è estremamente vivido, ci fa percepire un pervadere che non è un’aggiunta, ma parte anatomica della struttura, e lo è in maniera elettrica.
Un uso formidabile. Ma non è tutto.

Quella dell’innervare concreto, corporeo, non è una figura statica e astratta: si sente bene che l’innervare è un diramarsi in qualcosa, su qualcosa. Traccia un profilo che si ramifica, biforca e diffonde — e questo vale anche per l’uso figurato. Osserviamo come si innervano i primi schizzi su un foglio bianco, il ricamo finissimo innervato nel tessuto. E se chiediamo a Montale, in una poesia senza nome dei Mottetti, della raccolta Le occasioni, ci dice

Ecco il segno; s’innerva
sul muro che s’indora:
un frastaglio di palma
bruciato dai barbagli dell’aurora.

È una parola che ha una certa conseguenza e una certa incoerenza, nella progressione dei significati. Anche per questo sa stupire.

Parola pubblicata il 02 Aprile 2024