Ideologia

Le parole e le cose

i-de-o-lo-gì-a

Significato Complesso dei principi e delle idee proprie di un’epoca, un gruppo, un movimento, una classe, un autore e simili

Etimologia dal francese idéologie, composto del greco idéa ‘idea’ e -logía ‘studio, discorso’. .

  • «Mi sembra che tu faccia tanta ideologia...»

Quando una parola ci è familiare, non pensiamo più alla sua forma, per quanto strana sia. E ideologia in effetti ha qualcosa di incoerente, con quel suffisso -logia che di solito vale ‘studio, trattazione’ – come in psicologia e geologia – oppure ‘discorso’, come in tautologia e trilogia. Ma l’ideologia non è né studio né discorso: è un insieme, un sistema di idee circa la vita sociale e politica. Perché, allora, come un insieme di immagini mentali si chiama immaginario, un insieme di idee non dovrebbe chiamarsi ideario?

Perché in origine l’ideologia era una disciplina: il termine idéologie fu coniato nel 1795 dal filosofo francese Destutt de Tracy, che insieme a Cabanis, Condorcet e altri formava un gruppo di illuministi di seconda generazione autodefinitisi ‘ideologi’ (idéologues). La loro ideologia era una «scienza delle idee», uno studio scientifico – alieno da ogni metafisica o spiritualismo – sull’origine e la natura delle idee concepite come dati psichici, sensoriali. Come si concilia un tale approccio fattuale e materialista col senso prevalente di ‘ideologia’ ai nostri giorni, che implica sostanzialmente il contrario del pragmatismo e del realismo? Ebbene, l’origine di quest’accezione peggiorativa ha un nome e un cognome, e non dei più oscuri: Napoleone Bonaparte. Avendo gli idéologues, in un primo tempo, sostenuto l’ascesa politica di Napoleone per poi opporsi al suo autoritarismo, egli li denigrò definendo l’ideologia come una «tenebrosa metafisica» distante dalla realtà e dalla prassi.

Fu in quest’accezione che il termine giunse al tedesco Ideologie e fu adottato da Karl Marx e Friedrich Engels, che gli diedero un senso filosofico peculiare: per loro l’ideologia è slegata non dalla politica concreta, come per Napoleone, ma dalla realtà storica, sociale ed economica dell’umanità. Nel loro materialismo storico, ciò che distingue gli umani dagli animali è innanzitutto il fatto che essi, producendo i propri mezzi di sussistenza, «producono indirettamente la loro stessa vita materiale», e lo fanno secondo differenti rapporti di produzione (modi in cui il lavoro e i suoi proventi sono suddivisi), i quali costituiscono la «struttura economica della società», la «base reale» che «condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita». Pertanto, «non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza».

Le idee, quindi, sono solo un effetto di superficie, il travestimento di precise condizioni materiali, di rapporti di forza sociali ed economici – il dominio di una classe sull’altra – che s’intende giustificare e glorificare. Questo fatto, però, non viene riconosciuto, perché inevitabilmente «ogni classe che prenda il posto di un’altra che ha dominato prima è costretta (…) a rappresentare il suo interesse come interesse comune (…), a dare alle proprie idee la forma dell’universalità, a rappresentarle come le sole razionali e universalmente valide». È la falsa coscienza della realtà, dunque, a caratterizzare ogni epoca, producendo l’ideologia, ovvero un paradigma, una visione del mondo dominante, una prospettiva particolare che però si ritiene oggettiva e atemporale. Insomma, una falsa rappresentazione.

Già all’epoca di Marx, in realtà, si diffondeva un’accezione più neutra di ideologia, che è quella vigente tuttora in campo sociologico e politologico, al di fuori della prospettiva marxista: insieme di principî e valori inerenti alla sfera politica e sociale. Nel linguaggio comune, però, essa cede perlopiù il passo all’accezione spregiativa, così riassunta dal Treccani: «complesso di idee astratte, senza riscontro nella realtà, o mistificatorie e propagandistiche, cui viene opposta una visione obiettiva e pragmatica della realtà politica, economica e sociale». Notevole: una perfetta sintesi tra la concezione di Napoleone e quella di Marx.

L'imperatore Marxpoleone in uniforme nel suo studio alle Tuileries (Midjourney).

È opinione corrente che il nostro non sarebbe più tempo di ideologie. Da decenni – tanto più dopo la caduta del Muro di Berlino – si susseguono reiterati necrologi che annunciano la ‘fine delle ideologie’, relitto del Novecento, quando ci si scontrava in modo dogmatico e accalorato a colpi di visioni del mondo contrapposte. Ormai, lo scontro dottrinario, passionale e fazioso avrebbe ceduto il passo ad un atteggiamento più conciliante, aperto, bipartisan. Eppure, uno sguardo anche distratto a quanto accade ultimamente intorno a noi, in Europa e nel mondo, dovrebbe farci almeno sospettare che l’illacrimata tomba dell’ideologia non sia che un cenotafio. Come ha scritto Norberto Bobbio, «l’albero delle ideologie è sempre verde»; esse non muoiono: semplicemente, cambiano – non necessariamente in meglio. E poi, «non vi è nulla di più ideologico (…) che l’affermazione della crisi delle ideologie».

Parola pubblicata il 24 Gennaio 2023

Le parole e le cose - con Salvatore Congiu

I termini della filosofia, dai presocratici ai giorni nostri: l’obiettivo è sfilare parole e concetti dalle cassette degli attrezzi dei filosofi per metterli nelle nostre — rendendo ragione della dottrina con la quotidianità. Con Salvatore Congiu, un martedì su due.