Autoritario
au-to-ri-tà-rio
Significato Che impone la propria autorità con fermezza e intransigenza, anche eccessive
Etimologia dal francese autoritaire, dal latino auctoritas ‘autorità’, da auctor ‘modello, guida’.
Parola pubblicata il 10 Gennaio 2022
La differenza fra ‘autoritario’ e ‘autorevole’ è un grande classico della riflessione sulla lingua, in particolare sulle sfumature che differenziano termini apparentemente simili, contigui. Il problema è che questa differenza è facile da cogliere intuitivamente ma è piuttosto difficile da spiegare in maniera analitica. Oggi ci prendiamo qualche riga in più, e tentiamo di cogliere il punto.
C’è una base che accomuna ‘autoritario’ e ‘autorevole’, ma le storie di queste due parole sono le storie di due cugine che non si vedevano da un sacco, hanno avuto vite totalmente diverse e sono state cambiate da esperienze imprevedibili. In effetti, le polarizzazioni fra autoritario e autorevole sommano, come si suol dire, le mele con le pere: sono qualità che parlano di cose diverse — e ad esempio possono anche coesistere.
La radice comune è l’auctor latino — e non affrettiamoci a tradurlo come ‘autore’. L’auctor è l’artefice, ma anche il progenitore, il modello, il maestro, la fonte e la guida, che patrocina e testimonia. Per intenderci, all’inizio della Divina Commedia, quando Virgilio si manifesta a Dante e gli fa capire chi è, Dante incredulo gli riversa addosso col cuore in mano, nell’atto di chiedergli un aiuto urgente per salvarsi dalle fiere, una sfilza di elogi fra cui “tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore”: Virgilio è il suo modello, il suo ispiratore, quello da cui Dante sente di aver tratto l’altezza del suo stile tragico. Si tratta di un derivato del verbo augère, ‘accrescere’ (ed è quindi propriamente ‘chi fa crescere’).
Ora, dall’auctor viene il termine auctoritas, in cui i conseguenti concetti di prestigio, credito, stima, deliberazione — che scaturiscono dall’autore-maestro — si spingono fino all’ordine, al comando. Proprio come nel nostro termine ‘autorità’, queste sfumature d’imperio e signoria non sono isolate, ma sono collocate in un panorama di significati ricco e variegato (posso essere un’autorità nel campo dei panettoni farciti senza acquistare un profilo di comando). Invece l’autoritario si appiattisce su queste dure dimensioni in maniera estremamente netta: come avviene?
‘Autoritario’ è un termine recente. Si tratta di un prestito dal francese autoritaire, mutuato negli anni ‘70 dell’Ottocento (ma anche in francese era un conio recente). Era stato sempre in francese che il concetto di ‘autorità’ aveva preso quella dimensione istituzionale, ufficiale con cui la conosciamo oggi (‘Le autorità sono state allertate’), ma qui il taglio si fa più penetrante. L’autoritarismo, da una prima intuizione di ordine civile, vira sull’uso dell’autorità costituita a fini oppressivi e repressivi, ed è così che l’autoritario diventa chi impone la sua volontà. Questa imposizione dall’alto verso il basso è la cifra dell’autoritario.
Naturalmente la nostra immaginazione, anche per consuetudine linguistica, corre subito ai regimi autoritari, nientemeno che dispotici, e in genere viviamo questo attributo come estremo. Ma è importante riuscire a discernere l’autoritario anche in casi più tiepidi e normali — distanti da violenze e pressioni eclatanti. Una professoressa autoritaria, un superiore autoritario certo conserva l’ordine che desidera instaurando un rigido clima di terrore, ma lo sono anche professoressa e superiore che, dopo aver scherzato come sempre, chiudono il momento di gazzarra con una singola occhiata seria. L’imposizione dell’autoritario ha una fermezza che non transige — e certo può eccedere, essere propria di una prepotenza stizzosa o grave, ma anche avere una misura ragionevole: il severo divieto di bere la candeggina o il comando dato al cane sono autoritari, sono sostenuti da una volontà direttiva ferma.
L’autorevole, con questo, c’entra poco o niente — è difficilmente confrontabile con l’autoritario. La posizione dell’autoritario è necessariamente una posizione di direzione o di comando, anche solo pretesa. Esercita un’autorità. Ma questa posizione non è implicata nell’autorevole (più direttamente connesso con l’auctor latino): l’autorevole può essere un cane sciolto privo di responsabilità dirette (il poeta Virgilio, vissuto più di mille anni prima, non intendeva dirigere la crescita di Dante). L’autorevole è considerato e stimato, ma la sua autorità non si manifesta in espressioni di volontà, in un esercizio di autorità. L’autorevole ha autorità, non esercita autorità. (Perciò si può continuare ad essere autorevoli anche dopo la morte, ma autoritari no.)
I discorsi ricorrenti su come essere autorevoli (buono) piuttosto che autoritari (cattivo) non sono discorsi su come comandare meglio, ma su come abbandonare il comando. Sono discorsi sul ruolo.
Detto questo, posso essere autorevole, posso essere autoritario, ma posso anche essere autorevole e autoritario insieme, quando sono tenuto in grande stima e mulino il pugno di ferro: sono qualità diverse, che si fondano su diversi ruoli e soprattutto su diverse intenzioni.