Ionico
Le parole della musica
iò-ni-co
Significato Che è degli Ioni o della Ionia, terra che anticamente occupava una regione dell’Asia Minore. In campo musicale, nome assegnato da Heinrich Glarean al modo autentico di Do
Etimologia dal latino Iōnĭcus dal toponimo e dall’etnonimo greco riferiti all’antica popolazione degli Ioni (Iōnes).
- «Belle queste colonne, ma preferisco i capitelli ionici, più essenziali di quelli corinzi.»
Parola pubblicata il 05 Novembre 2023
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
La mitologia racconta che le tribù greche sarebbero discese da un eroe di nome Elleno, che viveva in Tessaglia. Uno dei suoi figli generò Ione, capostipite dei fieri e bellicosi Ioni, stanziati in Asia Minore in una regione corrispondente a una parte dell’odierna Turchia.
Nelle lingue di molte genti a loro vicine, il nome di questa stirpe (Íōnes, derivato dall’antico termine ricostruito come Iawones) passò a indicare quello dell’intero popolo greco; è il caso dell’ebraico Yəwānīm, dell’arabo Yūnānyyūn e dell’antico persiano Yaunâ.
L’aggettivo ionico si applica a numerose quanto notevoli categorie culturali. L’Odissea e l’Iliade di Omero, l’eredità più preziosa e antica della letteratura occidentale, furono redatti in dialetto ionico, frammisto a contributi di altre lingue. Anche un ordine architettonico classico è detto ionico e i primi filosofi della nostra civiltà, Talete, Anassimandro e Anassimene, nacquero nella colonia ionica di Mileto. I piedi ionici usati nella versificazione dei poeti greci vennero poi introdotti anche in quella latina. Tuttavia, qui ci soffermeremo su un’accezione specifica dell’ambito musicale, dall’esito inaspettato.
Naturalmente, non si sapeva come cantassero o come suonassero gli antichi greci. Mentre templi, statue e scritti costituiscono un patrimonio concreto ed eloquente di quel mondo scomparso, la musica si è persa nel vento turbinoso della storia. A eccezione di pochi frammenti musicali che ci sono pervenuti, cosa possiamo immaginare delle melodie suonate dall’aulete Marsia o di quelle cantate dal favoloso Arione? Molto poco; in compenso la teoria musicale greca venne tramandata, seppure rimaneggiata e fraintesa.
In particolare, i bizantini presero in prestito la terminologia musicale greca e definirono un sistema di otto modi (chiamato appunto octoechos), costituito da otto sequenze scalari di suoni sulle quali poteva muoversi ogni melodia.
Nella pratica esistevano però altri quattro modi. Perciò molto tempo dopo, nel 1547, lo svizzero Heinrich Glarean ufficializzò l’esistenza di tali altri modi nel suo Dodecachordon e aggiornò il sistema da otto a dodici, introducendo tra le new entry anche l’eolio, corrispondente grosso modo al nostro La minore, e lo ionico.
Il modo ionico, costruito sulla scala di Do, può essere considerato il prodromo del nostro Do maggiore, anche se all’epoca di Glareano, lo ionico, proprio perché inserito nell’antico sistema modale, soggiaceva a regole diverse da quelle della tonalità.
Si dice che nel Medioevo a questo modo fosse affibbiato l’epiteto di tonus lascivus (tono scherzoso, o anche licenzioso), perché era considerato adatto solo alla musica profana. Sembra però che l’espressione non abbia riscontro nelle fonti teoriche. Piuttosto, Glareano riferisce che gli antichi attribuivano al modo ionico una «lascivam petulantiam» (frivola sfrenatezza). Pare inoltre che i piedi ionici della metrica classica fossero ritenuti adatti a versi di carattere molle.
Sta di fatto che nel 1558 il teorico Gioseffo Zarlino scrisse a proposito dello ionico:
Le fonti tramandano infatti anche l’uso dell’antica danza ionica, originariamente ballo cultuale, praticata a Siracusa e in tutta la Sicilia greca; i danzatori l’eseguivano tenendo un lembo della veste sollevato in alto. Zarlino aggiunge che nel modo ionico «si trovano molte cantilene nei libri Ecclesiastici […] Questo Modo dai Moderni è tanto in uso, et tanto amato».
Amato a tal punto da divenire successivamente il modo maggiore, che si spartì la grande torta della musica tonale con un solo altro modo, l’unico fratello rimastogli: il minore.