Libresco

li-bré-sco

Significato In senso spregiativo, attinto dai libri e non dall’esperienza diretta; letterario, teorico

Etimologia dal francese livresque, da livre ‘libro’.

Questa è una parola difficile, perché si fa notare ma è sottile. E chi ama i libri rischia di partire già indispettito: com’è che il termine ‘libresco’ proietta sul libro un’ombra di difetto, addirittura spregiativa? Non è forse vero quello che diceva Eco?

[…] la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade.

La parola ‘libresco’ ci mette criticamente davanti a una caratteristica del libro quale strumento di sapere. Ma andiamo con ordine: a leggere la definizione che echeggia sui dizionari, il libresco è ciò che deriva dai libri — una nozione che va contrapposta a ciò che viene dall’esperienza diretta. Una simile contrapposizione, non circostanziata, oggi ci sa un po’ di abbaio contro i professoroni studiati: la questione però è diversa, più sottile e profonda.

I libri (intesi nel senso più generico possibile) sono la riproposizione simbolica di sapere ed esperienze umane. Scelgono, tagliano, cuciono, cristallizzano e rendono discreto il magma inconsutile del reale, che ciascuno, nella spontaneità di un rapporto diretto, vivrebbe e si rappresenterebbe in maniera differente.

Il libro, come strumento che trasmette sapere ed esperienza, sostituisce con qualcosa di fattizio un’esperienza diretta che consiste di un vissuto in prima persona, e cioè anche di ricerca, riflessione personale, di frequentazione, di pratica. Il libresco racconta una dimensione inautentica e priva di originalità, goffa, che manca di contatto con la realtà della vita e del sapere — quasi che quello dei libri fosse un mondo parallelo. E in effetti spesso lo può diventare, per autoreferenzialità. Il libresco scaturisce dai libri non come strumento di appoggio e interpretazione del reale, ma come unico orizzonte.

È libresco il pronome personale ‘egli’. È libresca una formazione professionale che non preveda alcun confronto col suo effettivo svolgimento. È libresco un commento che si avvita su altri commenti senza un riferimento all’opera originale. È libresco il metro di un amore da romanzo, che eclissa la spontanea varietà del sentimento.

Non è una parola facile da usare, perché il suo concetto è profondamente intelligente: la sua matrice spregiativa investe non il libro in toto, ma una particolare sua perversione: la sua chiusura monologante e trita rispetto alla vita, all’esperienza e al contributo di chi legge.

Poi potrebbe anche pianamente significare il relativo al libro, il costituito da libri — e si potrebbe parlare di un gran patrimonio libresco avuto in dono, delle nostre nuove mire libresche maturate scorrendo le nuove uscite. Ma è un senso minore.

Parola pubblicata il 02 Settembre 2021