Noema
no-è-ma
Significato Oggetto di noesi, ossia intuizione, della conoscenza intellettiva, corrispondente a ‘concetto, pensiero’, ne lessico della filosofia e della retorica classica; nel XVII e XVIII secolo, figura retorica musicale che serve a evidenziare un momento particolare, in particolare usando uno stile omoritmico all’interno di un contesto polifonico
Etimologia dal greco nóesis ‘intelletto’, derivato di noéo ‘percepire, conoscere, ragionare’, derivato di nóos ‘mente’.
- «Sicuramente il noema musicale è più semplice di quello filosofico.»
Parola pubblicata il 09 Aprile 2023
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Noema è un termine greco che significa ‘concetto’; come è facile immaginare, è parente del noumeno, ciò che è pensato o è pensabile dall’intelletto. Per dirla con Kant, ‘la cosa in sé’, aggiungendo i vari significati declinati da Parmenide fino ad Husserl. Ben diversa è, invece, la parola neuma, derivata dal latino medievale neuma, a sua volta dal greco pneûma, soffio; in musica indica un segno notazionale che si è evoluto dagli accenti della metrica classica. Se n’è accennato a proposito delle ligaturae.
Il noema ebbe impiego nell’ars retorica, un’arte oggi perduta, ma di cui sopravvivono talvolta tracce in situazioni nelle quali ci si rivolge pubblicamente a qualcuno, comprese le odierne tecniche di comunicazione pubblicitaria.
Nelle società del passato le manifestazioni artistiche assolvevano spesso a una funzione comunicativa. Il poeta-musicista era in grado di trasmettere un messaggio, di parlare ai sentimenti, di agitare o di placare gli animi influenzando le coscienze.
Sia lo Stato che l’ideologia religiosa utilizzavano la musica, soprattutto in occasione di celebrazioni e di manifestazioni ufficiali, riconoscendone implicitamente la capacità espressiva e comunicativa. Musica e linguaggio erano intimamente connessi e si potenziavano vicendevolmente.
Dal 1599 al 1606 il tedesco Joachim Burmeister scrisse tre trattati contenenti un elenco di figure retorico-musicali, un lavoro pionieristico che mirava ad assimilare il linguaggio della teoria musicale a quello della grammatica e della retorica classiche. Adottò perciò un vocabolario grecizzante in cui il noema era definito più o meno come:
All’epoca di Burmeister, il noema nella retorica letteraria poteva essere inteso come una figura che, per evidenziare un concetto, adottava uno stile contrastante con quello del contesto generale. Burmeister traslò il tutto nell’arte dei suoni, consapevole che il Cinquecento si era caratterizzato come il secolo aureo della polifonia e del contrappunto. Dunque, l’adozione momentanea di uno stile omoritmico in un contesto polifonico era un ottimo sistema per far risaltare un significato importante del testo; ma non solo.
Alcuni umanisti musicofili del secondo Cinquecento, tra cui Vincenzo Galilei – padre del più noto Galileo – e gli inventori dell’opera in musica, avevano criticato negativamente la polifonia, colpevole di rendere poco intelligibili le parole a causa delle sovrapposizioni testuali non simultanee. In realtà, i grandi compositori del Rinascimento avevano già in parte ovviato a questo inconveniente, proprio facendo procedere in omoritmia tutte le voci in particolari momenti.
L’omoritmia in musica si verifica quando le parti che cantano o suonano, procedono simultaneamente con note della stessa durata, come in un corale. Ad esempio, si verifica alla fine del mottetto di Giovanni Pierluigi da Palestrina Paucitas dierum, sul testo «et opertam mortis caligine» (1’56’’). Analogamente avviene nella musica profana, dove le parti possono muoversi omoritmicamente, come in questo celebre madrigale di Luca Marenzio sulla parola «tregua» (2’02’’), che risulta perfettamente chiara e semanticamente rafforzata dalla musica.
Burmeister avvertì che il noema si comprende solo ascoltando l’intera composizione e non il singolo passaggio isolato. Lui stesso offrì alcuni esempi tratti dalle composizioni sacre di uno dei massimi maestri fiamminghi, Orlando di Lasso, tra cui il mottetto In principio erat verbum, in corrispondenza delle parole «Omnia per ipsum facta sunt» (1’07’’).
Conclusio: il noema oggi sopravvive specialmente presso filosofi e studiosi, ma forse può offrire ancora spunti di riflessione. In fondo, arricchire la conoscenza con nuovi significati delle parole, non permette di nutrire l’intelletto?