Nubivago

nu-bì-va-go

Significato Che vaga, vola fra le nubi; che ha la testa fra le nuvole

Etimologia voce dotta recuperata dal latino nubivagus, composto da nubes ‘nube’ e dal tema di vagari ‘vagare’.

  • «È così, un intelletto nubivago, di volta in volta non sai mai che cosa sia di suo interesse.»

C’è sempre una certa fame di parole poetiche, evidentemente poetiche. Alcuni tagli, alcuni concetti sostanziati in singole parole ci danno dimensioni fantastiche, capaci, da sole, di darci una forma d’ispirazione, di vaghezza, di piacere — anche se non sono parole che si usano poi molto, restano soprattutto parole-bandiera, parole-opera d’arte.

Il nubivago ricopre questa posizione in maniera particolarmente evidente, perché da un lato è un termine che in rete si trova non meno che acclamato, dall’altro nella sua vita millenaria abbiamo solo una manciata di attestazioni letterarie lontanissime fra loro.

Come non è difficile intendere — e anche la sua immediatezza icastica è un punto di forza — ‘nubivago’ è la qualità di chi trasvola le nuvole, vagandovi in mezzo, di chi le segue (o sembra seguirle) in maniera errabonda. Da un lato è un termine di viaggio alato e nomade, che si spinge lontano sopra le solite possibilità umane, dall’altro è un tratto scarsamente impegnato, costruttivo. Difatti è anche la qualità di chi ha la testa fra le nuvole, di chi idealmente vi vaga fra fantasie e sogni.

Possiamo parlare del nubivago viaggio di Dedalo da Creta attraverso il mare — e in effetti è proprio questo l’oggetto del più celebre nubivagus usato in latino, da un autore per la verità minore, Tiberio Cazio Asconio Silio Italico, nel più vasto poema della latinità che ci sia arrivato, coi libri dei suoi Punica. Possiamo parlare delle frotte nubivaghe degli uccelli, che migrano o mormorano insieme. Ma possiamo anche parlare degli estri nubìvaghi dell’artista, sempre diretti su nuovi interessi e nuove ricerche, degli impegni nubivaghi d’adolescente che tasta vie diverse, dei progetti nubivaghi che ci perplimono ma a cui ci uniamo di tutto cuore.

Dopotutto — anche se fra Silio Italico e chi l’ha ripresa nel Novecento son passati diciotto secoli in cui del nubivago alla gente d’Italia non è importato, pare, gran che — l’immagine è di quelle cotte nei forni delle metafore ancestrali, frutto di osservazioni e impressioni che possiamo immaginare almeno vecchie non solo come queste lingue, come la lingua e la nostra specie stessa. Chissà quand’è che qualche nonno o nonna con più peli di noi ha considerato per la prima volta che ‘ste cose nel cielo son gran viaggiatrici.

Certo, quello del nubivago è un poeticismo perfino facilotto; e però, nonostante l’aria da parvenu, salito a grandi onori senza grandi pedigree, è scritto in un alfabeto antico.

Parola pubblicata il 25 Giugno 2022