Pasqua

pà-squa

Significato Festa religiosa: per gli Ebrei commemora la liberazione dall’Egitto; per i Cristiani la risurrezione di Cristo

Etimologia dal greco: pascha, a sua volta dall’aramaico pasah propriamente, passare oltre.

Nove piaghe non bastarono a convincere il Faraone a lasciare andare il popolo degli Ebrei, ridotto in schiavitù. Fu così che Dio si risolse a scagliare una decima piaga, la più tremenda.

Ogni famiglia ebrea avrebbe dovuto sacrificare un agnello, e col sangue segnare gli stipiti e l’architrave della porta. Davanti a quei segni Dio, sceso sull’Egitto per uccidere il primogenito di ogni famiglia, avrebbe riconosciuto i suoi e sarebbe passato oltre. Così la volontà del Faraone fu infine piegata, e gli Ebrei partirono, abbandonando l’Egitto passando oltre il Mar Rosso. Fu l’Esodo.

La Pasqua cristiana si pose sul tracciato della Pasqua giudaica, ma trasformandola profondamente. L’etimologia fu interpretata affine a [pathein] soffrire, per avvicinare la celebrazione alla Passione di Cristo. Ne nacque la festa più importante di questa religione, cifra della decisività del Cristo, agnello di Dio, che prende su di sé la colpa dell’uomo e vince, per tutti, la morte. Immagine di una poesia capitale.

L’importanza della Pasqua rimane vivissima in espressioni comunissime che ne fanno l’antonomasia della festa: esser felici come una pasqua, fare pasqua - dare una mala pasqua, nel senso di augurare la cattiva riuscita di una festa.

Linguisticamente e non, la Pasqua, in tutto il suo millenario peso e la sua vertiginosa profondità culturale, si rivela un ottimo momento per soppesare le tradizioni, aprendo la via a riflessioni e maturazioni che possano rinvigorirne il senso e il rito, e decidere di abbandonare la vanità dell’opulenza e la barbarie del sacrificio.

Parola pubblicata il 08 Aprile 2012